mercoledì 7 novembre 2018

Satiri e Ninfe:i misteri delle selve

"[...] Satiri e Ninfe potevano rinascere. Fosse anche, soltanto,sotto forma di allegra mascherata , come aveva già immaginato il signore di Firenze, Lorenzo de' Medici, nel suo Trionfo di Bacco e Arianna (1490):

Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or da Bacco riscaldati
ballon,salton tuttavia.
Chi vuol essere lieto,sia
di doman non c'è certezza

'lieti satiretti" scrive dunque Lorenzo, che tendono 'agguati' amorosi alle ninfe. Le antiche creature mitologiche sono qui inserite nel contesto di una vita giocosa e spensierata:il loro mondo è quasi un riflesso dell'allegria conviviale e galante che dovrebbe,idealmente,caratterizzare la vita di corte.
Ma per gli antichi non era così. Satiri e ninfe erano innanzitutto presenze oscure e inquietanti, Nel cuore dei satiri,ibridi mostruosi,metà uomini e metà cavalli (solo in età più tarda si attribuì loro una forma caprina), abitava una violenza selvaggia. E anche l'apparenza affascinante delle ninfe,che si presentavano come bellissime ragazze,nascondeva sempre qualcosa di minaccioso:chi entrava nel loro mondo misterioso rischiava di non uscirne mai più, di restare in eterno prigioniero del loro abbraccio,tanto seducente quanto mortale [...] Lo stesso flauto su cui Pan modulava le sue canzoni, la syrinx 'siringa',era il frutto di un tentato stupro:il dio aveva aggredito una ninfa,chiamata appunto Siringa,che per sfuggirgli si era tuffata in un fiume ed era stata trasformata in una canna. Proprio da quella canna Pan aveva tratto il suo strumento. [...] Violento e selvaggio, amante della musica e delle danze,ma anche del sesso, Pan era destinato a incontrare altre creature mitologiche che gli assomigliavano molto, anche sotto questo apetto:i satiri. Anche questi esseri frequentavano i boschi,le montagne,e i luoghi deserti. Lunghe orecchie d'asino,facce e corpi umani ma zampe e coda di cavallo,la loro natura oscillava tra il terribile e il grottesco,l'aggressivo e il giocoso. Non erano divinità,come il grande Pan,ma servitori di un dio ancora più potente di Pan:Dioniso,il signore dell'ebbrezza e dell'estasi, il dio del vino e delle illusioni. [...] Lo seguono animali feroci,come le pantere,sacre al dio. Accanto a lui c'è sempre una schiera di donne folli, le baccanti o menadi [...] Nei racconti e nelle immagini dell'antichità,anche i satiri sfilano spesso nel tumultuoso e variopinto corteo dionisiaco. Ci appaiono mentre danzano con una coppa in mano,in preda all'ubriachezza. Oppure mentre suonano l'aulos, lo strumento musicale sacro a Dioniso, simile al nostro oboe. Le note stridule dell'aulos,così dicevano gli antichi, agivano profondamente sull'emotività. Insieme alle percussioni dei tympana, i tamburelli,componevano il tappeto sonoro dell'orgia dionisiaca [...] Per i satiri contano solo gli istinti primordiali. Sono privi di freni inibitori,pensano solo al divertimento, come bambini impertinenti e capricciosi. Vogliono passare la vita a ballare,a bere vino e a fare sesso. Spesso ubriachi,inseguono per i boschi ogno baccante e ogni ninfa,con animalesca eccitazione. Grazie a questa natura,diventano anche figure perfette per un genere di teatri farsesco,molto popolare nell'Atene del quinto secolo,che va appunto sotto il nome di "dramma satiresco" [...] Nell'unico dramma satiresco che ci è pervenuto integro dall'antichità, Il ciclope di Euripide, i satiri sono i servitori di Polifemo. La loro prima preoccupazione è riuscire a bersi il vino che Ulisse ha portato nell'antro del mostro. Il loro altro chiodo fisso è il sesso. E, con morbosa curiosità,desiderano innanzitutto farsi raccontare dall'eroe com'è andata con Elena: ' dimmi,presa la giovane Elena, non ve la siete ripassata a turno,visto che a lei piace avere tanti amanti?' Del resto, si narrava che anche Zeus, per sedurre la mortale Antiope,si travestì da satiro.
I satiri potevano apparire come figure buffe e giocose, ma nei loro scherzi si annidava sempre una violenza brutale. La loro risata ebbra poteva,in ogni momento,mutarsi in un ghigno. Nella vita di Apollonio di Tiana, Filostrato racconta di una tribù di satiri fantasmi, che perseguitava gli abitanti di un villaggio nella remota Etiopia. I satiri assalivano le donne,le stupravano,le uccidevano [...] Anche l'incantevole bellezza delle ninfe nasconde insidie tremende. Le ninfe in apparenza non hanno nulla di mostruoso. I loro lineamenti sono perfetti,il loro corpo desiderabile, i loro volti irradiano luce. In genere, si riteneva che non fossero immortali come gli dei. Già il poeta Esiodo calcolava,in maniera favolosa,l'età delle ninfe: 'la garrula cornacchia vive la vita nove uomini,il cervo vive il tempo di quattro cornacchie,mentre il corvo invecchia quanto tre cervi. La palma poi vive per nove cervi. E per dieci palme viviamo noi ninfe dai bei riccioli'. Tuttavia, pur non essendo eterne, le ninfe partecipano dello splendore divino.[...] Ogni ninfa ha il suo paesaggio. A secondo del luogo in cui abitano, possono mutare anche i loro nomi. Le selve montane sono popolate dalle Oreadi (dal greco oros, montagna) che spesso vivono in simbiosi con un albero,come le Driadi o Amadriadi (da drys,quercia). Tutte le pozze e i corsi d'acqua sono dominio delle Naiadi:le sorgenti (pegai) appartengono alle Pegaiai,le fontane (krenai) alle Krenaiai,i fiumi (potamoi) sllr Potamides,paludi e laghi (limnai) alle Limnatides,e via dicendo. Nel profondo del mare vivono invece le cinquanta Nereidi, le figlie di Nereo,divinità acquatica che aveva il potere di assumere qualsiasi forma. Anche il cielo era popolato da ninfe: le Aurai,che si celavano dietro le brezze del vento. [...] In una preghiera che appartiene alla raccolta degli Inni Orfici, databili tra il secondo e terzo secolo avanti Cristo,un ignoto poeta celebra la gloria onnipresente delle ninfe con parole ispirate:

Ninfe, figlie di Oceano dal grande cuore,
che avete le case sotto i recessi della terra posati sull'acqua,
correte nascoste,nutrici di Bacco,ctonie,date grande gioia,
nutrite frutti,siete nei prati,correte sinuosamente,sante,
vi rallegrate degli antri,gioite delle grotte,vaganti nell'aria,
siete nelle sorgenti,veloci,vestite di rugiada,dall'orma leggera,
visibili,invisibili,ricche di fiori,siete nelle valli,
con Pan saltate sui monti,gridate evoè,
scorrete dalle rocce,melodiose,ronzanti,errate sulle montagne,
fanciulle agresti,delle sorgenti e che vivete nei boschi,
vergini odorose,vestite di bianco,profumate alle brezze,
proteggete i caprai e i pastori,care alle belve,dagli splendidi frutti,
che vi rallegrate delle sorgenti,delicate,che molto nutrite e favorite la crescita,
fanciulle Amadriadi,amanti del gioco,dagli umidi sentieri,
di Nisa,invasate,guaritrici,vi allietate della primavera,
con Bacco e Deò portate grazia ai mortali:
venite con animo lieto ai santi sacrifici
versando la corrente salubre delle stagioni che accrescono il nutrimento"

Estratto critico dal testo di Giorgio Ieranò, demoni mostri e prodigi - l'irrazionale e il fantastico nel mondo antico. Centocinquattotto pagine che scorrono leggere.
 E sia. 

2 commenti:

  1. Ciao, credo sia la prima volta che passo da te, piacere di conoscerti. Ho letto il tuo commento sul mio blog e son passata a trovarti. Le figure dei satiri della mitologia non mi sono mai state simpatiche, un pò inquietanti. Saluti.

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    1. ciao mirtillo14 :) grazie della visita :) i satiri effetivamente non dovrebbero star simpatici ad alcuno..davvero troppo inquietanti

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