In un importante articolo sull’efficacia della psicoterapia
psicodinamica [1] Jonathan Shedler mette in risalto sette
caratteristiche distintive della psicoterapia psicodinamica. In quel
lavoro Shedler costruisce le sue argomentazioni mostrando quanto la
cornice psicoanalitica sia determinante nel definire le condizioni di
possibilità dell’efficacia delle psicoterapie, comprese quelle di stampo
cognitivista. Se seguiamo la traccia del testo di Shedler, possiamo
notare che il lavoro psicoterapeutico è finalizzato innanzitutto a
trasformare in parole l’esperienza del soggetto, consentendo in tal modo
al paziente di simbolizzare e quindi di cambiare la fisionomia del
proprio percorso esistentivo.
1. L’essenza della terapia psicodinamica consiste innanzitutto
nell’esplorare quegli aspetti del Sé che non sono pienamente conosciuti o
decifrati. In particolare, la psicoterapia psicodinamica incoraggia
l’esplorazione e la discussione sulla dimensione emotiva del paziente:
l’insight intellettuale non è infatti analogo all’insight emozionale. Il
terapeuta psicodinamico aiuta allora il paziente a descrivere ed
esprimere in parole gli stati d’animo, i sentimenti e i vissuti,
includendo anche gli aspetti contraddittori, le dimensioni problematiche
e tutte le altre esperienze che il paziente non è capace di riconoscere
o interpretare.
2. La persone fanno molte cose, in modo consapevole o inconsapevole,
per evitare aspetti problematici della propria esperienza soggettiva.
Queste strategie di evitamento (in termini teorici, difese e resistenze)
possono realizzarsi anche nei confronti della cura manifestandosi in
forma velata, per esempio sedute saltate, ritardi all’appuntamento e
altri inciampi in apparenza accidentali. Nel corso di una cura è
importante considerare tali fenomeni non solo nel loro aspetto
accidentale e che può essere ricondotto a fattori esterni al soggetto,
ma bisogna prestare attenzione al significato psicologico di questi
eventi, cercando quindi di far emergere gli affetti e le emozioni
escluse che possono far comprendere il proprio ruolo nella
manifestazione di tali incidenti. Lo psicoterapeuta psicodinamico si
dedica attivamente ed esplora i fenomeni di evitamento che compaiono sia
durante la cura sia nella vita quotidiana.
3. Lo psicoterapeuta psicodinamico lavora inoltre per identificare ed
esplorare i temi ricorrenti e i patterns delle modalità di pensiero,
delle dimensioni affettive, dell’idea di sé, dell’apertura alle
relazioni e delle esperienze di vita del paziente.
4. Insieme all’identificazione dei temi ricorrenti e dei patterns, va
inserita la narrazione delle esperienze passate, con particolare
riferimento alle esperienze infantili e alle vicissitudini legate alle
figure di attaccamento che si presume mantengano un’influenza sulle
esperienze del presente. Il discorso non viene centrato sul passato in
quanto tale, ma piuttosto sulle vie attraverso le quali il passato tende
a vivere nel presente e quindi sul modo in cui il passato può
illuminare le difficoltà psicologiche attuali. L’obiettivo della cura è
dunque quello di aiutare il paziente a liberare se stesso dal marchio
delle esperienze passate in modo da poter vivere con più pienezza il
presente.
5. La psicoterapia psicoanalitica dà molta importanza al mondo
relazionale del paziente (in termini teorici, relazioni oggettuali e
attaccamento). Sia gli aspetti adattativi sia quelli non-adattativi
della personalità sono forgiati dalle relazioni d’attaccamento, e le
difficoltà psicologiche spesso compaiono quando dei patterns
problematici interferiscono con la capacità della persona di
sintonizzarsi con i bisogni emotivi.
6. La relazione tra terapeuta e paziente diventa essa stessa
un’importante relazione interpersonale, una relazione che può diventare
profondamente significativa ed emotivamente trasformativa. Nella
relazione terapeutica si ripropongono i temi ripetitivi, le modalità
interattive e le questioni soggettive del paziente (in termini
psicoanalitici lacaniani, fantasma inconscio). La ricorrenza dei temi
interpersonali nella relazione terapeutica fornisce un’occasione unica
per simbolizzarli e rielaborarli in vivo. L’obiettivo è quello di
raggiungere una maggiore flessibilità nelle relazioni intersoggettive e
una capacità maggiore di sintonizzarsi con i bisogni relazionali e le
questioni aperte dal desiderio.
7. A differenza di altre terapie nelle quali il terapeuta struttura
attivamente la seduta o segue uno schema predeterminato, la psicoterapia
psicoanalitica incoraggia il paziente a parlare liberamente di quello
che gli viene in mente. Quando i pazienti si affidano alla “regola della
associazioni libere” (e molti pazienti richiedono un aiuto
considerevole affinché possano giungere a parlare “liberamente”), i loro
pensieri si aprono e si dirigono verso molte aree della vita mentale,
includendo desideri, paure, fantasie, sogni ecc. di cui, in molti casi,
non hanno mai avuto occasione di poterne parlare con qualcun Altro).
Tutto questo materiale è una ricca risorsa e fonte di informazioni a
proposito del modo in cui le persone vedono sé stesse e gli altri,
interpretano e danno senso all’esperienza, evitano aspetti
dell’esperienza o interferiscono con la capacità potenziale di trovare
una maggiore soddisfazione e significatività nella vita.
L’obiettivo implicito a tutti gli altri obiettivi della psicoterapia
psicoanalitica è quello di andare oltre la remissione dei sintomi. Un
trattamento efficace non consente soltanto di risolvere i sintomi, ma
anche di far emergere la presenza positiva di capacità e risorse
psicologiche. Tale possibilità, che dipende dalla persona e dalle
circostanze, include la capacità di vivere relazioni più soddisfacenti,
di fare un uso effettivo del proprio talento, di mantenere un senso
realistico della propria autostima, di tollerare un ampia gamma di
affetti, di raggiungere una maggiore soddisfazione nell’intimità
relazionale e nella sessualità, di comprendere se stessi e gli altri
nelle sfumature e in modo più sofisticato, e di fronteggiare i
cambiamenti della vita con maggiore libertà e flessibilità.
[1] Shedler J., “The Efficacy of Psychodynamic Psychotherapy”, American Psychologist, 2010, vol. 65, n. 2, pp. 98-109.
Nessun commento:
Posta un commento