sabato 31 agosto 2013

bambini e medioevo

"[...] Di fatto,statisticamente,abbiamo visto che ci sono molti bambini,forse troppi nelle famiglie al limite della sottoalimentazione,dove la madre,nonostante temporanee amenorree,resta a lungo feconda. Va anche ricordata la spaventosa mortalità infantile che miete forse un terzo dei bambini nei cinque primi anni di vita; [...] Il livre des Manières prende come esempio la contessa di Hereford,ma lo studio delle genealogie o delle famiglie di re o di mercanti che possediamo - dai Capetingi al mercante di Limoges Etienne Benoist -, l'esplorazione dei cimiteri,ce ne hanno dato la triste certezza. Il numero dei figli, il fatto che essi siano spesso dei "morti in sospeso" (R. Fossier) , hanno attenuato l'amore paterno e materno? Filosofi,storici dell'arte o delle idee hanno segnalato da un pezzo il fatto  che il Medioevo pareva caratterizzato da una grande "indifferenza al bambino": le numerosissime rappresentazioni di Gesù sono infatti prive di espressione,buttate giù alla meno peggio,simboliche; gli angeli, prima della comparsa dei putti del Rinascimento,sono dei piccoli adulti con le ali. Ben pochi artisti o scrittori hanno pensato a osservare e rappresentare i bambini com'erano in realtà. Quanto al vocabolario concernente la prima infanzia, non è, per lo meno in francese,molto preciso. Si parla di bambino piccolo (petit enfant), ma l'espressione ragazzo (jeune infant) designa l'adolescente non sposato; il termine bambino (enfant) si applica in genere a chi ha meno di 13-15 anni, che è la maggiore età nel diritto germanico. Si può tuttavia dedurne che l'amore paterno e materno non esiste e che bisogna attendere l'inizio del Rinascimento perché il bambino abbia diritto di cittadinanza nella società medievale? E' probabile che il sentimento provato per il bambino abbia subito,nell'espressione,le stesse costrizioni dell'amore coniugale,costrizioni che frappongono altrettante cortine alle indagini dello storico. Viviamo in una società che,per lo meno nell'ambito popolare,essenziale sul piano qualititativo,è avara di espressioni scritte. Poche parole descrivono l'amore,ma l'amore esiste,evocato tra le righe dei documenti di cui non era il fine principale,come i documenti giudiziari. Così, nel caso di quell'uomo che,colpevole di infanticidio accidentale,si scioglie in lacrime e si impone una severa penitenza, o di quell'altro che ruba per impadronirsi della somma necessaria per la sepoltura del suo bambino in terra cristiana. Bisogna dunque diffidare dei moralisti o delle rappresentazioni stereotipate dell'arte:le loro immagini sono deformanti e bisogna dire,con P. Riche,che "il bambino medievale è ancora uno sconosciuto la cui storia è tutta da scrivere". Tuttavia è già possibile individuare qualche testimonianza del sentimento che si nutriva per l'infanzia. Eccellenti genitori dichiarano che molto ("buoni frutti") aspettano dai figli "quando saranno grandi" e probabilmente considerano la loro infanzia  come una brutta fase da superare [sic]. Filippo da Novara, che mostra anche lui come l'amore per i suoi figli cresca via via che si fanno grandi,ci dice crudamente che "i bambini piccoli sono sporchi e noiosi durante la prima infanzia e così cattivi e capricciosi quando sono un po' grandicelli,che non se ne alleverebbero se non ci fosse l'amore che dio ci ha dato per loro [sic]". Abbiamo delle prove che i bambini erano desiderati. Mahieu su fa beffe di tutti quelli - e sono tanti - che si sposano per averne e perpetuare il loro nome. Il Livre des Manières ci dice in forma commovente: "E' bello avere bambini" e le riserve che ingenuamente fa nei loro confronti sono per noi molto interessanti, perché egli mostra come la gente rubi,s'indebiti,non paghi la decima,si logori lavorando fino alla morte per i figli "delle cui carezze va pazza". Sidrac avverte gli uomini di non amar troppo i loro bambini, perché molti li amano più che se stessi,e Filippo di Novara ci mostra come Dio abbia privilegiato i piccoli,che amano e riconoscono colei che li ha nutriti del suo latte,che sono oggetto di amore e di pietà per chi li alleva. In tali condizioni,le nascite e le prime settimane di vita sono causa di grandi gioie. Certo, troppo spesso,il bambino non è vitale,muore in breve tempo,oppure,nato deforme,e in questo caso considerato un castigo del cielo,rischia o di essere soppresso - pratica corrente in epoca merovingia e ancora abituale in Norvegia nel secolo XII [sic] -, o di essere esposto di notte alla porta di una chiesa,accanto ai piccoli bastardi. Talvolta anche, stando ai penitenziali,il bambino non desiderato viene soffocato dalla giovane madre nel letto dove riposa accanto a lei [sic]; questo soffocamento di bambino,se si arrivava a provarlo, era severamente punito. Ma nel caso che si spera fosse il più frequente,le matrone che assistono la madre lavano con cura il neonato,lo fasciano strettamente e lo depongono nella picolla cesta mobile dove sarà spesso cullato. Ci si occupa immediatamente di farlo battezzare,per assicurargli il paradiso in caso di precoce scomparsa,e la chiesa un po' alla volta ha accettato di celebrare la cerimonia al di fuori dei periodi che le erano un tempo riservati: la pasqua, il natale,o san Giovanni; il battesimo può dunque aver luogo nei tre giorni che seguono la nascita. Questa festa solenne,anche presso i poveri,riunisce parenti e amici intorno ai padrini e alle madrine, che aiutano a immergere il candidato,vestito di una veste bianca,nel fonte battesimale - l'attuale rito dell'infusione compare solo alla fine del medioevo. E' in questo momento che si danno al bambino i suoi nomi e che lo si affida ai santi eponimi e all'angelo custode. Poi gli adulti vanno a mettersi a tavola per un banchetto e depositano i regali che hanno portato. Lo studio dei giochi e dei trattati di pedagogia attesta l'attenzione che si rivolgeva ai bambini; si lasciano giocare agli allossi,alla trottola,alla bambola,a carte,alla guerra,come faceva Duguesclin con ragazzacci della sua età. L'adulto deve correggerli quando sono molto piccoli, "piegare la verga finché è fragile e tenera" (perché dopo si romperebbe), non esitare a rimproverare,poi a picchiare,anche se piangono,perché sono violenti e tendono a fare un monte di cose disdicevoli,rubare,bestemmiare [sic]. Si insegneranno loro prima di tutto due comandamenti di dio: amare dio e amare il prossimo; poi,quanto prima sarà possibile, un mestiere. I due più belli sono quelli di chierico (perché niente vieta a priori di diventar prelato,santo o papa) e di cavaliere. Bisogna avviarli prestissimo; nell'alto medioevo ai monasteri,che sanno perfettamente allevarli,si affidano dei bambini; ancora nel secolo XII Suger ha cominciato a 5 o 6 anni. I futuri cavalieri cominciano ad esercitarsi dai 7 o,al più tardi dai 10 anni in poi. A Firenze, al principio del quattrocento, si collocano le bimbette di 8 anni presso un padrone,e lì vengono "dimenticate" [sic]; il ragazzo in apprendistato alla medesima età continua ad abitare molto spesso presso i genitori e ci torna quando si sposa; dai 13 anni in poi ragazze e ragazzi sono considerati adulti e,se sono indipendenti,possono sposarsi. Insomma i bambini nella società cristiana sono in parte protetti; gli aborti,gli infanticidi,le pratiche contraccettive presso gli sposi sono peccato mortale punito e represso,e si raccomanda la continenza durante le mestruazioni,per evitare di procreare bambini mostruosi [sic], durante la gravidanza,per evitare di ledere o di schiacciare l'embrione, e durante l'allattamento perché si pensa che il latte materno sia formato dal sangue mestruale e che una fecondazione metterebbe in moto questo sangue portando la morte del lattante [sic]. Esiste dunque un amore del bambino. Ma in parte è falsato dalla durezza delle condizioni materiali:morti numerose e precoci,preoccupazione di assicurare una produzione futura in poco tempo. Per via della brevità della vita le attività produttive cominciano molto prima che ai giorni nostri e ancor prima finiscono." (Robert Delort, la vita quotidiana nel medioevo, pagg. 90-93)

mercoledì 28 agosto 2013

topi umani?

Ancora un estratto dal testo dal testo di piero coppo, le ragioni del dolore. Un animalista non informato dovrebbe ben leggere e meditare. Provate a fare mentalmente, ovvero idealmente, il test di nuoto forzato, utilizzando come antidepressivo un assegno - anch'esso ideale - di almeno un milione di euro. Prima di utilizzare psicofarmaci pensateci bene, nel vostro esclusivo interesse.

"[...] Come si inventa uno psicotropo e,quindi,anche un antidepressivo? Il primo passo è la produzione di molecole derivate da una delle capostipiti per variazioni seriali della loro struttura chimica. Queste molecole vengono poi sottoposte a test preclinici,e cioè a test di attività su cellule in vitro o su animali. In psichiatria però, non è possibile provarle su animali ammalati come gli umani,nei quali cioè sia accertabile la presenza dello stesso testimone affidabile (virus,germe,ecc.) riscontrato negli umani ammalati. Non potendo trasportare la patologia,l'unico modo per testare sugli animali le nuove molecole è paragonarne gli effetti a quelli di altre sostanze la cui efficacia sul comportamento umano sia stata già osservata,anche se per caso. Le nuove molecole dunque non si affermano in questa prima fase in rapporto a malattie,ma in rapporto ad altre molecole. Questo modello, chiamato "farmaco-indotto", consiste dunque nel non cercare di riprodurre la patologia umana negli animali, cosa impossibile in psichiatria,ma nel prendere come punto di riferimento l'attività di molecole già identificate. Ciò comporta, tra le altre conseguenze,un nuovo loop tautologico: una speciale dinamica molecola-molecola che taglia fuori clinici e pazienti dando al farmaco una posizione dominante.
"Questa macchina è strana,perché funziona non interessandosi mai alla natura biologica dei disturbi di cui soffrono i pazienti. Se lo facesse,non funzionerebbe più. In quest'ottica, i test devono essere facilmente riproducibili con poca attrezzatura tecnica e con animali largamente disponibili,come cani e ratti. In una prima fase, i ricercatori studiano le molecole che,come la clorpromazina,potenziano l'effetto di altre sostanze (per esempio il test di antagonismo nei confronti della reserpina o del vomito indotto nel cane con l'apomorfina). Ma i test possono anche essere comportamentali: si cercano delle molecole che modifichino il comportamento di ratti che sono stati prima addestrati a salire per una corda fino a una piattaforma sulla quale è posto il loro cibo. Si calcola il tempo durante il quale un topo resta aggrappato a un'asta che ruota ecc. (Pignarre, 2001b, pag.79)"
I test preclinici condotti dai farmacologi possono mirare ad accertare gli effetti delle nuove molecole su sostanze presenti nel cervello (per esempio, dosando prima e dopo la quantità dei neurotrasmettitori); o gli effetti su cellule allevate in vitro;o i cambiamenti di comportamento in animali sottoposti a particolari condizioni. Quest'ultimo gruppo di test mi sembra davvero interessante,perché mostra dove si fonda la dimostrazione della attività antidepressiva (che poi,come abbiamo visto,porterà a decidere chi è depresso e chi no) [...] I ratti uccidono i topi immessi nelle loro gabbie:questo comportamento ("predazione muricida") è inibito dall'imipramina. Se si distruggono i bulbi olfattivi dei ratti, questi sviluppano comportamenti anomali [sic]:diventano iperattivi,irritabili,meno capaci di imparare comportamenti di evitamento passivo; la somministrazione di antidepressivi reinstaura il comportamento normale [sic]. Le femmine di ratto hanno normalmente in gabbia un ciclo di attività motoria legato all'estro. Quelle che sopravvivono alla prova di esaurimento (vengono forzate a correre in una ruota fino a completo esaurimento: muore circa il 50% degli animali [sic]) si comportano in due modi possibili: per metà, continuano a correre per parecchi giorni; per metà mostrano una scarsa attività motoria spontanea,che dura diverse settimane,con disturbi del ciclo dell'estro. Trattate con imipramina,queste riprendono la normale attività e il ciclo dell'estro. Se vengono impiantati in animali elettrodi intracranici la cui autostimolazione produce piacere,e se poi gli stessi vengono trattati a lungo con anfetamine,la brusca interruzione dell'apporto di questa sostanza determina una caduta della frequenza dell'autostimolazione e un innalzamento della soglia della stimolazione cerebrale. Questo effetto è attenuato dalla somministrazione di imipramina che, se sufficientemente protratta,ripristina il comportamento normale. Per tre settimane un gruppo di ratti è esposto a stress diversi e improvvisi, ai quali non può sotrrarsi:immersioni in acqua fredda,inversione del ciclo luce/buio. Alla fine subisce insieme a un gruppo di ratti non sottoposti agli stress citati [sic] l'esposizione a rumori e luci molto forti, e poi viene lasciato in campo libero. Gli animali precedentemente non stressati dimostrano iperattività; non quelli stressati, che appaiono piuttosti rallentati e meno attivi , a meno che non venga loro somministrato quotidianamente un antidepressivo durante il periodo in cui sono esposti agli stress cronici [sic]. Ma forse i più densi di teoria sono i tre modelli seguenti.
Nel primo, il modello della "impotenza appresa" (learned helplessness), i soggetti vengono sottoposto a stimoli nocivi in una situazione nella quale le loro risposte hanno luogo in presenza dello stimolo nocivo e non servono a ridurlo. Questo modello fu originariamente impiegato con cani immobilizzati, sospesi in una amaca ed esposti a scosse elettriche sotto le zampe [sic] (con elettrodi fissati con cerotto; cfr. Overmier e Seligman, 1967). Quando poi erano esposti ad analoghi shock in una situazione in cui potevano evitarli,erano meno capaci di trovare una scappatoia,anche quando essa era praticabile,dei cani che non avevano vissuto la situazione di impotenza descritta [sic]. Il secondo è quello del "comportamento di disperazione" (behavioural despair). Il "test di nuoto forzato" (forced swim test),per esempio,prevede che un topo sia posto in un cilindro ruotante in cui c'è una certa quantità d'acqua tiepida:per quanto tempo il topo nuota,senza mai poter raggiungere il bordo dell'acqua per la rotazione continua del cilindro,prima di lasciarsi andare,inerte o facendo i minimi movimenti che gli consentono di tenere la testa fuori dall'acqua? Una molecola può candidarsi ai test clinici come antidepressivo se prolunga [sic] il tempo dell'azione del topo in modo significativo rispetto a una sostanza inerte (placebo), con una differenza che è più o meno quella osservata iniettando una molecola antidepressiva capostipite. Un altro test correntemente usato è quello della sospensione per la coda (tail suspension test): un topo è sospeso per la coda a circa ottanta centimetri dal pavimento (la coda è fissata a circa un centimetro dalla punta al supporto con un nastro adesivo). Per quanto tempo si dibatte prima di penzolare inerte? Oppure: sopra a un granchio in una bacinella di plastica bianca si fa passare ripetutamente un foglio bianco,che lui prende per il suo predatore naturale,un gabbiano. Per quanto tempo si agita,correndo ovunque nella bacinella in cerca di un riparo che non c'è,prima di restare immobile,rinunciando a ogni tentativo? Qui la disperazione è intesa letteralmente come perdita della speranza che motiva l'azione,quando tutti i mezzi disponibili sono stati messi in opera per uscire da una situazione insopportabile o pericolosa senza alcun risultato e non resta che lasciarsi andare,risparmiando così le ultime forze. Il terzo modello,infine,è quello basato sulla separazione: si separano in genere i piccoli dalle madri e si osserva l'intensità e la durata del loro comportamento di allarme,richiamo e disperazione [sic] e come le modificano le sostanze in prova. Gli antidepressivi le aumentano significativamente. Se le nuove molecole superano uno o più di questi test,e nel farlo si dimostrano efficaci come le molecole capostipiti o addirittura di più, allora divengono candidate agli studi clinici come possibili antidepressivi [...] A quel punto la molecola è avviata al percorso, in quattro fasi,dei test clinici" (Paolo Coppi, le ragioni del dolore, pagg. 67-70)

pizza e discorsi notturni post moderni tra amici

Invitato ad una mangiata dal mio amico aspirante buddhista (fratello del mio morosino - invenzione di nicole - ovvero dell'idea infantile del migliore amico; ma solo per parte mia; si veda la follia di orlando in un post precedente per rischiar concetti astrusi), dopo aver apprezzato un po' di pizza e notato lo scorrimento senz'attrito d'un fiume di birra (qualità relativamente scadente), come in ogni ritrovo under 25 che si rispetti (e per fortuna ho ancora dieci anni dentro, ma pure molti di più all'occorrenza contro certi diavoli e spiritelli giovanili assetati) eccomi ad ora tarda pedone operante sulla scacchiera del dialogo alcolico misto hemingway-morrison-bukowsky con gli ultimi esuli ancora persi tra pensieri misto sesso alcolico. Così, due femmine e un numero imprecisato di maschi s'alternano nel dialogo.
Scopro così alcuni risvolti psicoanalitici d'una pulzella che ammetto avermi colpito - non già le di lei tette visibilmente accessibili dalla scollatura; mi stupisco di certe relazioni sentimentali il cui spazio separato è misurabile in termini di lunghezza e sesso reciproco consegnato alla critica dell'astinenza; in vino veritas, ed è buono (a volte) e giusto (sincero quanto basta). Quindi la pulzella se la tira (quando il livello alcolico nel sangue sia definitivamente minore di una certa quantità; noi matematici potremmo invocare il minimo limite alcolico) ma finisce con il capitolare quando si parli di sesso esplicito; quando l'istinto emotivo può creare più disordine che soluzioni; interessante però, essendo i soggetti coinvolti così giovani (quasi tutti con l'infanzia consegnata al forno crematorio, per scelta o necessità o amore particolare) e quindi ai miei occhi disposti a giocarsi la vita su entrambi i fronti del loro destino post moderno. Invece no. "quale ragazza non farebbe pompini al suo uomo?" - prima chicca esistenziale - per la gioia diligente dell'altro maschietto seduto accanto a me sul dondolo; riconosciuta la valenza del pompino impegnato - ma non quando il maschietto non ricambiasse con un primo orgasmo (il primo non si scorda mai?) pena l'infelicità locale per sopravvenuta inquisizione affettivo-morale - la bella pulzella snocciola, ben visibilmente , la catena cerebrale - parimenti emotiva - che la incardina al ragazzo di turno (assente per natura e per lavoro; la prima come costrizione del bastone senza carota anticipata; la seconda per fuga preventiva fatte salve le necessità del vile stipendio): "io preferisco stare sotto perché voglio essere dominata [...]" e ancora, come un vulcano, "[...] perché lui grosso mi fa sesso (sic)". Nessun consulto psicoanalitico avrebbe rivelato verità tanto profonde quanto ingenue. Quindi Freud - con la maiuscola - battuto nettamente da bacco, almeno per questa volta. Alle volte i particolari della vita insegnano quanto basta. Se lei è stronza, una ragione - o forse anche due, ma non troppe - c'è; neppure troppo riposta. Riposta somiglia a risposta, con caduta tronca psicologica; o fisiologica della natura umana per chi propende per la vita come una puttana ed il conseguente abuso fino alla nausea (esistenzialismo?). La seconda caramellina merita più attenzione. Seconda pulzella, ben più assetata, lamenta dolori sentimentali: "[...] ma perché nessuno mi vuole?" e contemporanemente capace di chiedere al pubblico dondolante "ti piacerebbe mettere il preservativo con la bocca? [...]". Colta impreparata, la mia ingenuità infantile tenta di ricambiare la di lei passione negativa con qualcosa di simile ad un abbraccio. Ma lei disdegna, rifiuta. Allora tento di mettere insieme i pezzi: da una parte vorrebbe essere partecipe dei pensieri ben disposti finora scambiati, anche a pezzi,visionando materia ben poco oscura (e senza essere dominata, suppongo). Dall'altra rifiuta gesti d'affetto ma è capace di scrivere "ti voglio bene" a colui che sembra essere il suo migliore amico (scritto pure questo; un rigurgito di infanzia repressa? rispondete voi, se potete)  pure somigliante a cappello di paglia (l'avevo già detto a nicole, complice un suo sorriso). Conclusione tarda ma sicura. Siete infelici per scelta e la cosa mi sorprende. Oppure la scelta è esclusivamente emotiva, quando non una maschera per l'occorenza. Ancora maschere. Ma perché anche durante quello che per molti è il periodo turbolento,vivido,anarchico e molesto dell'adolescenza ( o post adolescenza)? Oggi come ieri non mi sovvengono risposte adeguate. Resta la possibilità di scegliere altrove. Lontano, lontano.

martedì 27 agosto 2013

l'arte o disposizione del cambiamento

Dal blog di moky, già qui linkato,estraggo questo frammento di post, in merito al "cambiamento":

"Faccio un passo indietro.
Nel 1978 avevo 12 anni, mi ricordo le campagne pro e contro la legge 194 abbastanza vagamente, ma  quello che ricordo con chiarezza era il mio essere, allora, assolutamente contraria all'aborto; e' una posizione giustificabile e forse anche normale in una bambina, con praticamente zero esperienza di vita, e una visione del mondo in bianco e nero; da ragazza mi era impossibile considerare compromessi, non vedevo le sfumature, e cresciuta con un'educazione piuttosto rigida e cattolica secondo cui assenza di virtù significa solo presenza di peccato, scoppiavo di rettitudine e di presunzione. L'aborto ferma un cuore che batte. Punto.

Poi ho vissuto, ed ho iniziato a riconoscere le nuances, la vita in technicolor, ho letto storie e conosciuto persone per le quali non c'erano altre scelte, perché comunque ho capito che, nonostante ancora oggi pensi che non sia una scelta che farei, e comunque mai dire mai, ecco, ho capito che si tratta proprio di questo, di una scelta. Discutibile magari, ma personale, la cui legislazione dovrebbe essere non solo priva di influenze religiose, ma anche guidata dalla scienza, lasciando poi a noi donne il diritto di fare o di non
 fare questa scelta."


A prescindere dal contenuto oggettuale (l'aborto), irrilevante in questa sede,mi preme sottolineare un fenomeno interessante,il mutamento che spesso avviene dentro alcuni di noi. Poiché ho già ribadito la mia sostanziale locale continuità (niente vuoti o discontinuità), ovviamente al netto delle conoscenze indotte dall'esperienza,non posso non sorprendermi di fronte a questa dichiarazione di cambiamento, indirizzo verso una nuova visione delle cose, contestualmente positiva rispetto al passato. Qui però non riesco a decidere se il nucleo originario dell'individuo in questione sia esso stesso una catena evolutiva,in questo caso positiva (almeno per chi ha scritto il post) oppure qualche evento esogeno abbia costruito strutture rilevanti che solo successivamente hanno interagito per costruire la nuova realtà originale (non escludendo fenomeni olistici,tanto cari ad ilaria; vedi anche suo blog già linkato). Per quanto mi riguarda, come già affermato in precedenza, ciò che mi ha ucciso è una sorta di mutamento opposto per specie e genere a quello espresso nel frammento di post; la mia condizione post mortem, più vitale della precedente,è simile al risultato di un riavvio del sistema per causa di blocco ad opera di un virus malevolo (chi non ha mai sperimentato l'esperienza sui vari windows? Non aggiungo altro per non turbare le anime dei ben disposti all'acquisto di costosi antivirus...). In questo caso, per converso appunto,il nucleo originario sembra una disposizione bivalente, peraltro non comune tra i bambini. Ma occorre prendere atto dell'esperienza e indagare. V'è una chiara anamnesi, impietosa nel circoscrivere i limiti del vitale:

"
da ragazza mi era impossibile considerare compromessi, non vedevo le sfumature, e cresciuta con un'educazione piuttosto rigida e cattolica secondo cui assenza di virtù significa solo presenza di peccato, scoppiavo di rettitudine e di presunzione. "

Dunque impossibilità d'uno spirito critico legato alla maturazione psicologica? Educazione cattolica rigida? Gli aggettivi infine non propendono per una chiusura definitiva del problema; rettitudine e presunzione richiamano inestricabili tensioni emotive. Ma l'emotività non è in grado di giustificare una spinta al mutamento. Alla fine s'imparerebbe dal vissuto, da un contesto improvvisamente riconosciuto come colorato (cecità a lieto fine?), una consapevolezza di una "scelta" maturata secondo criteri che non sono dati. La curiosità mi assale ancor più forte. Conoscere i meccanismi della transizione sopra delineata - posto che siano intelleggibili - potrebbe evitare nuove catastrofi retroattive al contrario. Per buona pace della mia spiccata empatia e della qualità di questa mia nuova vita dopo la vita. Sono aperte spiegazioni di ogni sorta. Tra i tanti disastri involutivi, sono pronto a citare ogni altra distrazione evolutiva, come questa, capace di limitare i danni e financo evitare la tragedia. Come per i bambini scomparsi, lasciatemelo dire, sono ben accette le segnalazioni per aiutare le ricerche.
Concludo ricordando come sia ben noto in ambito sociologico e antropologico la presenza di miti e credenze che spesso segnano la fine dell'infanzia e l'ingresso nell'età adulta a spese della prima,con danni ingenti quando non mortali; e se il soggetto sopravvive, in agguato v'è la noia e l'indifferenza del post moderno. Il solito being flat dell'uomo ad una sola dimensione. Alla faccia della rettitudine e presunzione.

lunedì 26 agosto 2013

stand by me

Scartabellando tra i blogs - dopo averne trovato uno anarchico con annessa educazione libertaria - l'universo provvede con questa stand by me, meravigliosa anche perché in stile anywhere.
Trovata sul blog di alice, pure linkato qui.


no matter who you are..that's really pure taoism. it's no matterness, that is.

la follia di orlando


"quante lettere son / tanti son chiodi / con che per gli occhi / il mio cuore mi fiedo"
Chiaro e semplice. La vita mi avrà pure ucciso, ma non m'ha tolto il senno. Uno a zero per me.

the last day: what's up?

Vi siete mai chiesti come sarebbe l'ultimo giorno della vostra vita?  Decidiate di suicidarvi o semplicemente vi ritroviate sterminati dall'ennesimo imbecille ubriaco mentre tranquilli attraversavate sulle strisce pedonali (come ebbe a scrivere Saramago nel suo romanzo cecità, le chiamano zebre ma non c'è niente che somigli meno ad una zebra), l'idea di rappresentare l'ultimo giorno costituisce un ottimo esercizio di prosa letteraria: audace,sincera o romantica; oppure ironica,strappa lacrime senza un perché. C'è un registro per il cuore di ognuno, come fosse il sugo di tutta la storia (ancora lui, e s'è fatto apposta). Musicista ventottenne suicida dalla pietra di bismantova. Avevo già scritto di lui. Vi sono alcune foto del personaggio, come sempre avviene in questi casi, sui soliti quotidiani locali.




Due rappresentazioni fra loro apparentemente contraddittorie. Una maschera felice ed un appunto critico che lascia pochi dubbi (una nota di colore critico; era un musicista).
Così fu scritto: "Dopo il suicidio di una reggiana di 43 anni, la Pietra di Bismantova miete una nuova vittima. Si tratta di un reggiano di 28 anni, musicista in una band locale e insegnante di chitarra al Cepam, Davide Stefani (profilo Facebook), conosciuto dagli amici come "Tiffo", il quale domenica ha raggiunto con la propria Fiat Punto il piazzale della Pietra ed è salito sulla sommità con l’intenzione di uccidersi senza tuttavia lasciare alcun messaggio ai familiari."

Sulla pulzella scriverò - forse - in altro post; dall'articolo pare che i reggiani siano abbonati ad una certa insalubre mietitura. Davide aveva ventotto anni. Troppo giovane. Ed era intriso di musica. La musica è come la meditazione; regala una sensibilità affilata,precipua e perspicua. Comunicare attraverso la musica è parlare secondo il proprio diretto registro personale. L'ascolto è tutt'altro; il giorno prescelto è curioso; un fine settimana per un fine vita. Questo implica una riflessione amplificata durante tutta la settimana precedente; ogni gesto portatore d'un simbolismo estremo e come tale relativamente ermetico. Non mi sorprende la mancanza di un messaggio ai familiari. Se si è incapaci di leggere, i messaggi divengono trasparenti. E' la suprema manifestazione del vuoto indifferente e differito spesso dalla volubile umana speranza (dall'indicativo al congiuntivo; separarli non è affar mio - ma del post moderno). Depressione? Non so rispondere, non ho conosciuto il prescritto. Sì, la vita in prescrizione per mancanza di diritto etico. In materia di prescrizione, il mio paese è maestro.

"Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, il musicista si sarebbe gettato dalla rupe intorno alle 11. Le ricerche sono terminate verso le 12 con il rinvenimento della salma. Sulle cause della morte gli inquirenti non hanno dubbi: si è certamente trattato di un suicidio. "

Un suicidio di buon mattino; un'ultima colazione, senz'altro squisita - una beffa per converso. Silenziosa con l'accento di un sicuro aforisma dedicato al post mortem. Si è certamente trattato di un suicidio. E invece no. Le cause della morte ripiegano altrove; prima di andarsene occorre separarsi, morire una prima volta; iniziare una nuova vita post mortem, appunto. Una vita i cui particolari risaltano iridescenti, sottolineati dalla gaia consapevolezza che solo una quieta separazione può alimentare.
I navigati post mortem si possono riconoscere; occorre spietato discernimento dei particolari, compito arduo ma non impossibile; figurarsi il trascorso, il fu civile e barbaro del disatteso.
Possiamo convivere con queste persone attraverso piani sovrapposti, traslucidi; ma non si potrà pretendere un'adiacenza cospicua. Da post mortem si può vivere un'esistenza perfino migliore della precedente anche se l'eventualità è piuttosto rara, almeno secondo la mia esperienza.
In definitiva un morto che cammina calpesta nuovamente la sua intera esistenza, senza inciampare nel passato. A quello pensano i vivi disaccorti, oppure i depressi e gli innamorati caduti. Pace all'anima loro, si riconoscano vivi quanto basta per un prossimo funerale decente. E sia.

domenica 25 agosto 2013

Tolstoj e istruzione pubblica

"Nell'ottobre 1854 Tolstoj, insieme ad altri ufficiali d'artiglieria,aveva progettato un periodico militare; ma il ministro della guerra negò il permesso di pubblicarlo. Tolstoj si rivolse allora alla rivista "Sovremennik", proponendo di inviare corrispondenze mensili da Sebastopoli - sue e degli altri ufficiali che avrebbero dovuto collaborare al periodico progettato. Il direttore di "Sovremennik", Nekrasov,accettò di buon grado:ma nel frattempo gli altri ufficiali si erano disinteressati all'idea, e Tolstoj si mise al lavoro da solo. Cominciò a scrivere il primo racconto il 27 marzo 1855 (stando al diario), a Bel'bèk,dove era di stanza con la sua batteria - a pochi chilometri dalla cinta di Sebastopoli. Il 29 marzo fu trasferito a Sebastopoli,e lì ultimo il racconto, il 25 aprile - nel culmine d'un suo periodo di fervore patriottico-militaresco. Il racconto fu subito inviato a Pietroburgo,al "Sovremennik", che lo pubblico al numero sei,due mesi più tardi,con le sole iniziali dell'autore, e con una nota in cui la redazione esprimeva il proprio compiacimento per l'occasione di pubblicare una corrispondenza di guerra di "questo scrittore,che in tutto il nostro pubblico ha saputo suscitare tanta simpatia e curiosità nei propri riguardi,con le sue precedenti opere: infanzia,adolescenza,l'incursione e memorie d'un marqueur". Qualche settimana prima della pubblicazione,il testo fu inviato da un redattore del "Sovremennik" allo zar Alessandro II, che se ne dichiarò entusiasta e ne ordinò l'immediata traduzione in francese (apparsa prima della pubblicazione in russo,sul quotidiano di Bruxelles, "Le Nord", 7 luglio 1855)" (note ai testi, tutti i racconti di Lev Tolstoj, volume primo,a cura di Igor Sibaldi, i meridiani collezione; pagg.1180-1181).

Bisogna dunque essere al momento giusto nel luogo giusto? Infervorati d'un certo patriottismo? Vedersi spedire il manoscritto - senza volerlo -  direttamente ad un capo politico? (ieri uno zar, oggi non saprei dire; potrei citare un certo popolo ciellino infervorato per il proprio idolo che telefona, come una persona normale, "uno di noi" - ad una pecorella del gregge). Così, evidentemente Tolstoj - che avrebbe rinnegato il suo patriottismo per un infervorato anarchismo religioso (sarà scomunicato dal sinodo ortodosso e mai ritratterà, nonostante gli appelli fino a poco prima della morte) - ne esce vincitore ma "[...] A Pietroburgo [novembre 1855],frequenta la redazione del "Sovremennik" e vari clubs,ove fa la conoscenza con l'intellighenzia più illustre dell'epoca:scrittori,poeti,direttori di riviste,critici [...] Tutti sono curiosi di conoscere Tolstoj,nuovo e già indubbio talento delle lettere russe; e i più lo trovano antipatico,vanaglorioso,grossolano" (ibid., cronologia opere, pag. LXXXVIII)
Dunque uno zar innamorato di un personaggio giudicato "antipatico,vanaglorioso e grossolano" da una sequela di personaggi rilevanti dell'intellighenzia russa? Interessante. Apprendo, sempre dalla cronologia delle opere, altre curiose accadimentaggini: nel settembre 1874 le "Otecestvennyja zapiski" pubblicano il suo saggio "Sull'istruzione pubblica" la cui tesi centrale è che l'istruzione può essere attuata con reale profitto oer gli allievi unicamente se la si fonda su una indispensabile libertà dell'apprendimento - gli allievi devono essere liberi di scegliere cosa studiare e cosa no, e il docente deve adattarsi alle loro scelte - e che,di conseguenza,l'attuale sistema scolastico è inutile e controproducente. Nel 1872 scriveva "A proposito di questo Abbecedario: il mio ambizioso sogno è questo, che per due generazioni tutti i bambini russi,tanto quelli della famiglia imperiale quanto quelli dei muziki,si formino su questo libro,ne traggano le loro prime impressioni poetiche e io che l'ho scritto possa morire in pace" (lettera a nonna Aleksandrine,primo gennaio 1872). Sul carattere assurdo della scuola, giudizio profetico. Sottoscrivo. Ma non comprendo la necessità di scrivere un abbecedario comprensivo, financo esaustivo; mi sovviene l'analoga opera - insulsa dal punto di vista didattico - del defunto Bourbaki, tanto folle da voler desiderare il fondare l'intera matematica partendo dalle sue basi. Uscito nel novembre 1872, l'Abbecedario di Tolstoj sarà stroncato dalla critica "come opera pedagogicamente inutile,destinata all'oblio. In realtà,nelle sue varie edizioni,l'Abbecedario sarà - con più di un milione di  copie vendute - uno dei maggiori successi tolstoiani" (ibid. cronologia, pag. XCVI). Dalla cronologia emerge un valor medio umano, mi si permetta l'espressione, nullo.

fascisti e dintorni

Uscita con il mio amico vegano nel mio bar notturno preferito,orario continuato e gestione,indovinate un po',cinese - per un caffè; nell'ampio parcheggio una piccola utilitaria reca un'insolita pubblicità. A distanza di tanti anni evidentemente certe idee sono dure a morire. Proselitismo new age? Non so rispondere. Le targhe automobilistiche di pubblico dominio consentono, tramite semplice interrogazione del pubblico registro automobilistico, di risalire al proprietario dell'autoveicolo (ovvero al suo intestatario). Fascista avvisato, costituzione salvata.


venerdì 23 agosto 2013

etnopsichiatria,dsm,psicofarmaci:alcune avvertenze per l'uso

Estratto da un testo interessante; leggere e meditare, soprattutto le parti in grassetto (scelte dal sottoscritto, per intenderci).

"[...] Rispetto alle classificazioni precedenti, le novità introdotte nei DSM sono di rilievo. Analisi statistiche accurate hanno permesso di fissare criteri che consentono di includere o escludere soggetti nei vari gruppi; è stato adottato un sistema multiassiale,e cioè la possibilità di osservare e classificare i fenomeni clinici da più prospettive contemporaneamente,elencando le osservazioni diagnostiche su assi diversi (per esempio:sindromi cliniche,disturbri di personalità e sviluppo,disturbi fisici ecc.) e,soprattutto,è stato adottato un approccio che si definisce "ateoretico". Quest'ultimo punto è di particolare interesse. Nell'intenzione dei classificatori si trattava di adottare,visto che gli specialisti hanno pareri tanto diversi,a volte addirittura diametralmente opposti circa la natura dei fenomeni osservati, un approccio non causale,ma descrittivo; che non comportasse cioè ipotesi teoriche forti (come teorie eziologiche o prognostiche, o indicazioni sulle terapie più appropriate). Ciò portò, per esempio, alla scomparsa della parola "nevrosi" (che implicava,depositati nel corso della sua storia,sia impliciti descrittivi sia eziologici e terapeutici) e alla sostituzione della parola "malattia" con quella,meno impegnativa dal punto di vista epistemologico,di "disturbo". Solo così, adottando un sistema classificatorio più debole ma più vicino alla reale conoscenza dei fenomeni,ateoretico e perciò compatibile con teorie molto diverse tra loro,è stato possibile conciliare schieramenti fino ad allora opposti: come psichiatri a indirizzo neurobiologico e psichiatri e psicologi a indirizzo psicodinamico-psicoanalitico e cognitivo. I creatori di questo sistema erano ben consapevoli della sua inconsistenza. Le diagnosi emerse dai DSM non vengono infatti considerate da chi ha costruito i manuali reali e definitive, ma solo probabili e un particolare coefficiente, il coefficiente K,indica il grado della loro attendibilità emerso dagli studi statistici. La media del coefficiente K nel DSM è di 0.64, il che significa che solo il 64% dei clinici si sono trovati d'accordo sulle diagnosi da attribuire,all'insaputa l'uno dell'altro,agli stessi pazienti; e ciò nonostante gli addestramenti subiti per favorire l'uniformità delle loro diagnosi. [...] I DSM si sono imposti come soluzione pragmatica, quella che più consentirebbe di avanzare nella ricerca (soprattutto farmacologica) in psichiatria. Oggi costituiscono,soprattutto nei paesi più ricchi,la nosografia di riferimento, mentre l'ICD dell'organizzazione mondiale della sanità è ancora diffusa nei paesi poveri,dove la sanità è gestita,più che da logiche economiche e produttive,da interventi statali e da aiuti internazionali; [...] Per ciò che riguarda in particolare melanconia e depressione, la compatibilità tra i due sistemi è totale, e le carte di flusso (gli "alberi decisionali") che ne derivano conducono passo passo medici e psichiatri verso gli stessi comportamenti prescrittivi. La carta di flusso costruita a partire dal DSM-IV (albero decisionale per l'umore depresso: cfr. First,Frances e Pincus, 1995 pp. 48-53) orienta il curante verso la diagnosi. Se il paziente lamenta un "umore depresso" e/o i suoi familiari lo considerano depresso (per esempio perché è diventato più lamentoso; ma nei bambini e adolescenti può colpire invece un aumento dell'irritabilità), il medico deve prima di tutto escludere che si tratti degli effetti di una malattia d'organo o sistemica in incubazione o in atto (come una epatite o una infezione virale) o degli effetti diretti di una sostanza (per esempio farmaci,come gli ansiolitici e gli antipertensivi; o sostanze tossiche, assunte per abitudine o casualmente). Se questo non è il caso,e se da almeno due settimane c'è umore depresso,perdita di interesse e altri sintomi associati,se non ci sono sintomi maniacali o ipomaniacali che orientino verso forme cliniche, o altri sintomi psichici che facciano pensare a diverse forme psicopatologiche, allora il medico deve impegnarsi a produrre una diagnosi differenziale tra un disturbo depressivo maggiore (se sono riscontrabili episodi depressivi maggiori) e disturbro distimico (se non ci sono episodi depressivi maggiori, ma umore depresso per la maggior parte dei giorni per almeno due anni con sintomi associati). Se invece il medico riscontra un umore depresso clinicamente significativo non incluso negli esempi precedenti, se esso si manifesta dopo la morte di una persona cara,o in risposta ad altri fattori psicosociali di stress,allora potrà diagnosticare o un lutto accentuato, o un disturbo dell'adattamento con umore depresso,o un disturbo depressivo non altrimenti specificato [...] Credo che il procedimento diagnostico descritto dia chiara l'idea di come è stato costruito: a partire dai sintomi manifestati,si possono riunire i pazienti in gruppi attraverso una analisi statistica fattoriale. E' possibile così definire le caratteristiche delle varie sindromi e i criteri per diagnosi di probabilità che non implicano però alcuna teoria sulle origini,le cause,il senso dei disturbi stessi. La fragilità di questo impianto diagnostico e differenziale, che contrasta con la solidità di quelli costruiti in altri settori della medicina e con l'imponenza delle risorse impegnate [...] si evidenzia ancor più quando si applichi questa nosografia alla clinica. I clinici non possono non sottolineare quanto sia già difficile operare nette delimitazioni tra i disturbi dell'umore e altri (per esempio quelli "schizofrenici" o "somatoformi"); e ancor di più, all'interno del campo dei disturbi dell'umore stessi. Qui, il polimorfismo clinico e l'abbondanza e varietà delle forme intermedie finiscono per contraddire perfino un impianto classificatorio tanto lasso. Molti specialisti considerano ormai le classificazioni dei fenomeni depressivi non corrispondenti a reali entità distinte, ma a discontinuità aribtrarie operate dai classificatori su uno "spettro" di fenomeni dal quale emergono condensazioni statistiche attorno a configurazioni particolari e transitorie che si creano per ragioni in gran parte sconosciute o non esplorate. Alle estremità di questo spettro stanno due categorie del DSM-IV: la "normale tristezza quotidiana" e l'episodio depressivo maggiore, eventualmente con melanconia. Alla debolezza di un simile impianto classificatorio corrisponde una pratica clinica che spesso e volentieri ne fa addirittura a meno, in cui le "diagnosi" sono poste ex juvantibus, dato che "non sono stati ancora identificati validi indicatori clinici o biologici di risposta ai differenti trattamenti:la condotta terapeutica è per lo più basata su tentativi ed errori; il clinico tende sovente ad utilizzare in maniera sequenziale farmaci con meccanismi di azione differenti,ad esempio passando da un triciclico bloccante il re-uptake della serotonina ad uno ad azione selettiva su quello della noradrenalina,oppure dal litio agli anticonvulsionanti (Cassano,1993)" La scelta del farmaco antidepressivo dipende in pratica dall'effetto specifico che ciascuno di essi ha su alcuni sintomi,e per questo la distinzione che orienta nei fatti la scelta farmacologica del medico e dello psichiatra è tra forme depressive accompagnate da ansia importante, oppure da rallentamento,o da agitazione,o da disturbi dell'alimentazione,o da sintomi psicotici; e non certo quella proposta dalle nosografie ufficiali,utilizzate piuttosto per la sperimentazione farmacologica. Non solo: a sottolineare ancor più l'artificiosità della classificazione,le condensazioni statistiche e addirittura le diagnosi sono guidate in realtà dall'azione dei farmaci: "L'ampio spettro dei farmaci antidepressivi ha progressivamente dilatato la categoria diagnostica di depressione,includendo in essa espressioni meno tipiche e quadri derivanti da comorbidità tra patologia affettiva e altre condizioni..la tassonomia,e quindi la terminologia adottata per i disturbi dell'umore ai nostri giorni,in assenza di riferimenti etiopatogenetici,ha come principale validatore esterno la risposta al trattamento farmacologico (Cassano,1993)" In altri termini il fondamento teorico di questa nosografia è il seguente:sono depressi coloro che reagiscono agli antidepressivi;sono antidepressive quelle sostanze che curano i depressi. Ma se le cose stanno così, se non ci sono dietro queste categorie oggetti "naturali", cosa genera questa girandola di nomi,di distinzioni,di scoperte continue di "nuove malattie"? Come vedremo più avanti, è la dinamica di invenzione dei farmaci (questi sì, oggetti reali) a generare simili classificazioni, parte integrante della loro fabbricazione. Tutto ciò porta in primo piano l'importanza dell'azione dei farmaci e della dinamica che li inventa e produce;non solo per ciò che il loro effetto può dirci sulla natura di questi disturbi,ma anche per il loro potere di determinare,confermare,smentire o sembrare i gruppi diagnostici (e quindi le teorie e le categorie nosologiche) costruite dai classificatori" (Piero Coppo, le ragioni del dolore;estratti pagg.59-63)




giovedì 22 agosto 2013

diritto pubblico e costituzionale: quando è possibile ricorrere alla consulta

Per dirimere eventuali dubbi in merito. Resta esclusa, nonostante tutto, la possibilità del singolo cittadino di appellarsi per via diretta alla consulta. Poteva andare peggio, ma anche no.

GIUDIZIO IN VIA INCIDENTALE: REQUISITI PER SOLLERVARLO
Vero è che, con ogni probabilità, non ha un gran significato distinguere tra una funzione garantista ed una funzione arbitrale della Corte costituzionale svolta, a seconda dei casi, nelle evenienze in cui giudica della legittimità costituzionale delle leggi in via incidentale od in via di azione, posto che indubbiamente, qualora pervenga alla declaratoria di incostituzionalità di una legge svolgerà ad un tempo entrambe le funzioni, sia di garanzia e di tenuta dell'ordinamento e dunque anche di garanzia delle libertà fondamentali, ma anche di tenuta e di garanzia del sistema delle competenze. È indubbio tuttavia che, anche e soprattutto per, l'evoluzione che ha conosciuto il sistema diretto di impugnazione delle leggi statali e regionali, a seguito della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, la via privilegiata di salvaguardia dei diritti fondamentali costituzionalmente tutelati sia diventata il giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale.]]>
 
Come già evidenziato, salvo ipotesi eccezionali, soltanto lo Stato e le Regioni possono ricorrere direttamente alla Corte costituzionale, cosicché, qualora un singolo cittadino ritenga leso un proprio diritto fondamentale da una legge od atto equiparato assunto incostituzionale o più semplicemente si imbatta in un atto incostituzionale non potrà adire direttamente il Giudice delle leggi, ma dovrà pervenire alla Corte per la via incidentale. La relativa questione di legittimità costituzionale dovrà essere sollevata nel corso di un giudizio di fronte ad un'autorità giurisdizionale, con il filtro necessario di un previo "processo", per il tramite di un "introduttore necessario", il giudice - art. 23, legge n. 87/1953. Si evidenzia dunque il carattere della concretezza del giudizio in via incidentale, teso ad un tempo a garantire la tenuta della legalità costituzionale, ma dall'altro lato a tutelare le situazioni soggettive di volta in volta coinvolte.
Nel corso di un qualunque processo, su istanza di parte - ivi compreso il Pubblico ministero - o anche d'ufficio, il giudice può sollevare questione di legittimità costituzionale, rimettendo la questione alla Consulta, dopo aver accertato la sussistenza di taluni presupposti (art. 1, legge cost. 1/1948).]]>
 
Il carattere "incidentale" del giudizio discende dal fatto che la questione di costituzionalità si pone come una questione incidentale entro il procedimento principale.

La necessità di un requisito soggettivo e di uno oggettivo per la proponibilità della questione di legittimità costituzionale
Stando al dettato dell'art. 23 della legge 87/1953 è necessario, ai fini della proponibilità della questione, un requisito oggettivo - deve essere sollevata "nel corso di un giudizio" - ed uno soggettivo - deve essere sollevata "dinanzi ad una autorità giurisdizionale" - ancorché, nonostante talune oscillazioni, la Corte si sia talvolta accontentata della sussistenza di uno solo dei due requisiti (cfr., G. DE VERGOTTINI, 2006).
Così, non sarebbe in quest'ottica necessario che ci si trovi nel corso di un giudizio in senso stretto, di fronte ad un giudice incardinato nei ruoli della magistratura ordinaria od amministrativa, sarebbe sufficiente la sussistenza di una situazione in contestazione tra due parti contrapposte di fronte ad un soggetto chiamato a pronunciarsi in posizione di terzietà ed imparzialità.
Più precisamente la Corte ha ritenuto sufficiente la sussistenza di uno solo dei due presupposti di fronte a questioni sollevate da soggetti comunque incardinati nei ruoli della magistratura, titolari di uffici qualificati come giurisdizionali, indipendentemente dalle funzioni esercitate - in questo senso, sent. n. 83/1966. 
Altre volte invece ha preteso la sussistenza di entrambi i requisiti, cosicché l'attribuzione della qualifica di giudice a quo ai fini della proponibilità della questione di costituzionalità a soggetti estranei all'organizzazione giudiziaria è stata subordinata all'esistenza dei caratteri della indipendenza e terzietà, propri dell'attività giurisdizionale. Non sono mancate e non mancano tuttavia talune oscillazioni, cosicché, mentre in una prima fase pareva che la Consulta potesse accontentarsi del ricorso alternativo dell'uno o dell'altro requisito, in altre circostanze è pervenuta finanche ad escludere dalla proponibilità della questione gli stessi organi giudiziari nelle occasioni in cui svolgessero funzioni di carattere amministrativo e non già giurisdizionale. Così, con sentenza 226/1976 è stato riconosciuto il carattere di giudice a quo alla sezione di controllo della Corte dei conti; ancora, è stato riconosciuto alla sezione disciplinare del CSM, alla Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione del bilancio, alle Commissioni per la liquidazione degli usi civici, alla Commissione dei ricorsi in materia di brevetti, al Consiglio nazionale forense in sede disciplinare, al Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali. Può sollevare questione di costituzionalità il giudice di sorveglianza per l'esecuzione della pena, il magistrato ordinario in sede di volontaria giurisdizione; poteva il giudice istruttore in sede civile ed il pretore come giudice dell'esecuzione esattoriale immobiliare, nonché, i Consigli di prefettura in sede giurisdizionale contabile, le Giunte provinciali amministrative in sede giurisdizionale e gli intendenti di finanza. Si è escluso invece il carattere della terzietà ed indipendenza per le Commissioni tributarie - sentenze 6 e 9/1969 - nella vecchia composizione, mentre lo si è riconosciuto nella nuova. La Corte con le sentenze 132/1973 e 96/1976 ha escluso la proponibilità di questioni anche da parte di titolari di organi giudiziari quando non esercitino poteri decisori o quando operino all'interno di procedimenti amministrativi. Per evidente difetto di entrambi i requisiti la Corte ha escluso la proponibilità di questioni da parte del notaio rogante (ord. 52/2003), pur essendo pubblico ufficiale, e da parte dei Consigli comunali in occasione del procedimento di contestazione dell'elezione di un consigliere (ord. 78/2003). Il Pubblico ministero, anche quando svolge attività sostanzialmente giurisdizionale, non può sollevare questione di costituzionalità, posto che ai sensi dell'art. 23, legge 87/1953 può soltanto proporre al giudice a quo di sollevare analoga questione.
Con sentenza 376/2001 la Corte ha consentito ad arbitri c.d. rituali di proporre questione di legittimità costituzionale, ritenendo sussistenti entrambi i requisiti, oggettivo e soggettivo, in ragione dell'obiettiva applicazione del diritto. Non manca invero chi ritiene sussistente nel caso di specie il solo requisito oggettivo; tuttavia detta decisione è parsa alla gran parte della dottrina condivisibile, se non addirittura "lungimirante", posto che, se confermata, consentirebbe l'affermazione del controllo di costituzionalità su buona parte degli oggetti della disciplina privatistica, che altrimenti rischierebbero di rimanerne esclusi. Tutt'ora problematica rimane la proponibilità di questioni da parte delle Autorità amministrative indipendenti. Non vi è alcun dubbio infine che la Corte costituzionale possa sollevare di fronte a sé stessa questione di costituzionalità - sentenze 22/1960 e 258/1982; ordinanza 378/1992 - sia in sede di definizione di conflitto di attribuzione, di definizione del giudizio di legittimità costituzionale, di valutazione dell'ammissibilità del referendum abrogativo, che in sede di giudizio sulle accuse mosse nei confronti del Capo dello Stato. Al riguardo è condivisibile la considerazione di chi rileva che altrimenti, negando alla Consulta la qualifica di giudice a quo, si perverrebbe al paradosso che proprio l'organo di giustizia costituzionale sarebbe obbligato a fare applicazione nei suoi giudizi di norme incostituzionali (cfr., M. MAZZIOTTI DI CELSO, G.M. SALERNO, 2005). 
Di questa copiosa giurisprudenza autorevole dottrina ha inteso dare una interpretazione estensiva, rilevando che ai fini della proponibilità della questione di legittimità costituzionale in via incidentale sarebbe sufficiente una qualunque autorità che eserciti una funzione qualificabile come giurisdizionale, sia pure soltanto sotto il profilo formale e procedurale (così, T. MARTINES, 2005 e V. CRISAFULLI, 1970), ancorché pare non coerente con i più recenti svolgimenti della medesima giurisprudenza costituzionale (Da ultimo, cfr., C. PINELLI, 2006, 838 ss.). Sotto questo profilo è sicuramente contestabile l'orientamento della Consulta teso all'affermazione dell'inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate in via incidentale dal Consiglio di Stato in sede consultiva (Corte cost. 21 luglio 2004, n. 254). Nel senso dell'ammissibilità avrebbe invece potuto deporre, da un lato, l'orientamento della Corte di giustizia europea, volto a consentire al Consiglio di Stato in quella veste di sollevare la c.d. "pregiudiziale comunitaria" (Corte giust. CE 16 ottobre 1997 - cause riunite da C-69/96 a C-79/96); dall'altro lato, l'affermata ammissibilità di una questione incidentale di costituzionalità sollevata dalla Corte dei Conti in sede di controllo sugli atti governativi (Corte cost. 19 novembre 1976, n. 226).
L'opportunità di rivedere il citato orientamento della Corte costituzionale troverebbe la principale giustificazione nell'esigenza di consentire la tutela di situazioni giuridiche soggettive emerse in occasione del ricorso straordinario al Capo dello Stato, ove il parere del Consiglio di Stato può produrre effetti. Il consolidarsi di questo orientamento, nell'alternativa in ordine all'opzione tra ricorso amministrativo e ricorso giurisdizionale, rischia di costringere a preferire quest'ultimo, in ragione delle garanzie di eventuale accesso al giudizio di legittimità costituzionale che questo, a differenza del primo, offre. Tant'è che è stato significativamente rilevato che "se si tiene conto che il ricorso straordinario è diffusamente considerato il ricorso dei poveri, è auspicabile che la Corte riveda il proprio atteggiamento e consenta l'accesso al giudizio di legittimità costituzionale anche di questioni provenienti dal Consiglio di Stato in sede consultiva" (così, M. SICLARI, 2007, 18).

I requisiti della "rilevanza" e della "non manifesta infondatezza" nella valutazione del giudice a quo
Individuato così il giudice a quo, dal quale proviene la questione di legittimità costituzionale, è da dire che questi è sì "introduttore necessario" del relativo giudizio, ma funge inoltre da primo filtro - seppur a maglie larghe - per valutare la coerenza rispetto al giudizio e la serietà della proposta questione di legittimità costituzionale. Ne deriva dunque che non è certo obbligato a rimettere gli atti alla Consulta a fronte di una questione sollevata da una delle parti del processo, dovendo invero accertare la sussistenza di due presupposti per la relativa proponibilità. Deve accertare, ai sensi dell'art. 1 legge cost. 1/1948 e 2° comma, art. 23 legge 87/1953, che la questione sia rilevante e non manifestamente infondata.


La rilevanza
In ragione del carattere incidentale del giudizio di legittimità costituzionale, il giudice a quo deve in primo luogo verificare che il giudizio alla sua attenzione "non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale" (c.d. "rilevanza"), vale a dire, che la disposizione della cui costituzionalità si dubita dovrà essere applicata nel giudizio a quo e quindi che quel medesimo giudizio non potrà essere definito se prima non viene risolto il dubbio di legittimità costituzionale che ha investito la relativa disposizione.
La Consulta ha dunque fatto ricorso ad una nozione rigorosa di rilevanza, nel senso della necessaria disapplicazione nel giudizio a quo della disposizione dichiarata incostituzionale dal giorno successivo alla relativa declaratoria di incostituzionalità. Ciò che potrebbe determinare talune problematiche nell'evenienza in cui il giudizio di costituzionalità riguardi norme penali di favore, dato che, in ragione del principio del favor rei, non sarebbe comunque possibile prescindere da una loro applicazione, ancorché la Corte abbia ritenuto in tal caso di poter ricorrere ad una nozione più elastica di rilevanza.

E' da precisare che può trattarsi di una norma da applicarsi al merito della controversia, così come di una norma di procedura o riguardante un'azione secondaria, della quale comunque dovrà essere fatta applicazione nel giudizio a quorilevanza che sarà sufficiente sussista al momento della proposizione della questione di legittimità costituzionale, essendo successivamente del tutto ininfluenti le vicende del giudizio che potrebbero comportare il venir meno della rilevanza per quello specifico giudizio a quo.

A tale riguardo è da evidenziare la problematica configurabilità della rilevanza nel giudizio cautelare, divenuta ancor più problematica a seguito della valorizzazione di tale tipologia di giudizio nella riforma del processo amministrativo. Così la Consulta ha ritenuto che il rigetto dell'istanza di sospensiva comporti l'irrilevanza della questione, poiché il giudice avrebbe così esaurito il suo potere cautelare (ordinanza n. 82 del 2005), precisando che nel caso al suo esame era oramai privo di potestas decidendi, in quanto non competente per il giudizio a quo. La regola di carattere generale che sembra comunque muovere la Corte costituzionale in ipotesi del genere è data dal mancato esaurimento del potere cautelare, cosicché il giudice amministrativo potrà emettere l'ordinanza di remissione alla Consulta, previa valutazione della rilevanza, e con separato provvedimento disporre "la sospensione degli atti impugnati in via provvisoria e temporanea fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di costituzionalità" - così, sent. n. 444/1990, Punto n. 3 del Considerato in diritto. Con tutta evidenza, viene così svilita la reale funzione cautelare del procedimento a quo, che potrà riprendere soltanto a seguito della definizione del giudizio di legittimità costituzionale, ancorché verrà mantenuta la potenzialità di quel giudizio di fungere da introduttore del giudizio di legittimità costituzionale.]]>
 
Conseguentemente, dalla natura incidentale del giudizio di costituzionalità discende che, a fronte di una disposizione palesemente incostituzionale che non sia tuttavia rilevante per la definizione del giudizio principale, il giudice adito non potrà rimettere la questione alla Corte costituzionale ed, in caso contrario, potrà essere quest'ultima a dichiarare la questione inammissibile per difetto di rilevanza - si veda a mero titolo esemplificativo l'ordinanza n. 465/2002 in materia di "legittimo sospetto".]]>
 
È di tutta evidenza che un'ipotesi quale quella da ultimo prospettata desta non poche perplessità ed il rischio di contrasti tra Corte costituzionale e giudice remittente, posto che sostanzialmente la prima si sostituisce al secondo in ordine alla valutazione sull'applicabilità o meno della disposizione controversa al giudizio dal quale la questione proviene (sul punto, cfr., L. AZZENA, 2006, 601 ss.).


La non manifesta infondatezza
In seconda battuta, il giudice a quo dovrà accertare che la questione non sia manifestamente infondata, dovrà quindi sindacare in ordine alla serietà e non pretestuosità della proposta questione, evitando così che pervengano alla Corte finanche le questioni prive del ben che minimo fondamento. È da precisare che il giudice non potrà certo sostituirsi alla Corte costituzionale nel valutare la fondatezza od infondatezza della questione di costituzionalità, ma dovrà limitarsi ad un giudizio di non manifesta infondatezza, ancorché si rinvengano spesso nelle ordinanze di rimessione autentiche valutazioni di assoluta fondatezza della questione.

Il che tuttavia non rileva ai fini della proponibilità o meno, poiché ciò che conta è il giudizio in negativo, non anche quello in positivo. E' di tutta evidenza che il giudice che rimette la questione potrà essere pienamente convinto della fondatezza della stessa, ciò che conta invero è che svolga correttamente la funzione di filtro in presenza di questioni manifestamente infondate.]]>
 
Cosicché, qualora la questione gli appaia palesemente e manifestamente infondata respingerà la richiesta delle parti, qualora invece l'infondatezza non gli paia manifesta, ma vi sia anche una remota possibilità di incostituzionalità della disposizione contestata, qualora abbia anche solo un dubbio in ordine alla legittimità di quella disposizione, sarà tenuto a rimettere la questione alla Corte costituzionale. A maggior ragione, come già evidenziato, sarà tenuto a rimettere la questione alla Consulta quando la ritenga fondata, non potendo in un ordinamento caratterizzato dal giudizio accentrato di legittimità costituzionale sostituirsi al Giudice delle leggi, dovendo così sospendere il giudizio al suo esame e demandare la decisione alla Consulta. Il problema è casomai se il giudice a quo rimette soltanto le questioni di cui è assolutamente convinto, evitando invece di rimettere quelle "dubbiose", posto che, come evidenziato, deve sì fungere da "filtro", ma da "filtro largo", delle questioni di legittimità costituzionale.

Anche nel caso della non manifesta infondatezza, così come nel caso della rilevanza, la valutazione compiuta dal giudice a quo non preclude il compimento di analoga valutazione da parte della Corte costituzionale. A differenza inoltre della valutazione in ordine alla sussistenza o meno della rilevanza, che, come detto, può portare ad una ingerenza della Consulta nelle valutazioni del giudice remittente, che solo può sapere se intende o meno fare applicazione della norma contestata, per la non manifesta infondatezza la valutazione della Corte non può destare alcuna perplessità. Questa ricorrerà a decisioni declaratorie la manifesta infondatezza non solo in costanza di questioni che giudica di assoluta inconsistenza, ma anche con riferimento a giudizi già risolti in precedenza con pronunce di rigetto.]]>
 
Qualora infine il giudice a quo ritenga la questione irrilevante o manifestamente infondata dovrà respingerla con ordinanza "adeguatamente motivata" - art. 24 legge 87/1953 - ove appunto darà conto delle ragioni che lo hanno spinto a ritenerla tale. In tal caso l'incidentalità del giudizio di costituzionalità introduce nel sistema elementi tipici del giudizio diffuso di legittimità costituzionale, soprattutto con riguardo alla valutazione di manifesta infondatezza, con riferimento alla quale il giudice a quo opera sostanzialmente una valutazione di conformità della norma sottoposta al suo esame al quadro costituzionale.

L'ulteriore requisito dell'impossibilità di ricorrere ad interpretazione adeguatrice]]>
 
Analoga valutazione è da compiere con riferimento ad altro requisito che viene di recente richiesto dalla Corte costituzionale ai fini della proponibilità della questione, vale a dire la previa esperibilità da parte del giudice remittente di una interpretazione adeguatrice, conforme a Costituzione. Dove il fattore didiffusività del sistema si desume dal giudicare la norma conforme a Costituzione in forza di una interpretazione sostanzialmente adeguatrice, evitando così di pervenire al giudizio della Consulta.
Ciò che pare di un certo interesse è che più di recente la Corte ha proposto il ricorso ad interpretazioni adeguatici finanche nel giudizio in via di azione, delineando dunque l'esigenza di una previa interpretazione conforme a Costituzione alla stregua di un principio dalla valenza generale nel giudizio di legittimità costituzionale, a prescindere dalla modalità di instaurazione del giudizio. Così, si veda il Punto n. 3 del Considerato in diritto delle sentt. nn. 238 e 239 del 2006, più sopra citate.]]>
 
In quest'ottica si spiega la precedenza data dalla Corte alla pregiudiziale comunitaria, nel senso che qualora questa venga proposta dal giudice remittente dovrà essere decisa prima della proposizione della questione di legittimità costituzionale. Ancora una volta dunque alla Consulta si perviene soltanto quando non vi siano dubbi in ordine all'interpretatone della norma, o forse più propriamente la Corte costituzionale si riserva così l'interpretazione ultima delle disposizioni contestate (sulla materia si rinvia a G. SORRENTI, 2006).]]>
 
La necessità dunque di un'interpretazione adeguatrice, qualora naturalmente ciò sia possibile e qualora non si sia già instaurata un'interpretazione generalmente condivisa, è anche in parte la conseguenza del divieto di proposizione di questioni alternative. La giurisprudenza costituzionale è infatti costante nel dichiarare l'inammissibilità delle questioni che prospettino meri dubbi interpretativi, dovendo dunque il giudice scegliere tra le diverse opzioni interpretative prospettabili per quella conforme a Costituzione, che dunque fa salva la disposizione, e solo in assenza di quella rimettere la questione alla Consulta.

L. MEZZETTI, M. BELLETTI, E. D'ORLANDO, E. FERIOLI, La giustizia costituzionale, Padova, 2007, 418-426.

mercoledì 21 agosto 2013

l'ultima ruota del carro?

Colazione posticipata, destinazione officina cambio gomme. Foratura anticipata. Mi fermo in un'ampia stazione di rifornimento. C'è anche un ponte, chiedo un minimo aiuto, per velocizzare il cambio pneumatico. Nessuna collaborazione. Procedo manualmente, nessun problema. Riesco ad ottenere l'indicazione per un gommista poco distante. Centotrenta euro, quattro gomme quasi nuove. Bene, ma pretendo di pagare con carta di credito. Affido la macchina e mi sposto in un bar pasticceria poco distante. Barista rigorosamente femmina, caffè decente (particolare interessante, vista la rarità del fenomeno). Scambio due chiacchere con un arzillo settantenne boscaiolo imprenditore nel settore. Dopo avergli fatto notare come la maggioranza degli italiani (cameriera di turno compresa, per sua ammissione, felice senza neppure aver conseguito la patente di guida) sia incapace di utilizzare e montare una ruota di scorta, puntualizzo con veemenza lo stato asfittico della scuola italiana. E lui promette di raccomandarmi per un lavoro decente in messico (diverse migliaia di euro al mese, per cominciare; possibilità di inquadramento dirigenziale). L'italia si conferma ultima ruota del carro.
Sotto, particolare sostituzione pneumatico danneggiato. Impostazione corretta del sollevatore manuale, a sinistra del mozzo. Alle scuole medie inferiori dovrebbe essere oggetto di sperimentazione.


apostasia (e un tocco di magia)

Ebbene sì, sono un apostata. Dopo aver meditato a sufficienza, mi sono dissociato dalla chiesa cattolica apostolica romana. Troppe contraddizioni, poco amore verso il prossimo. Per un'anima tormentata come la mia, un gesto in stile molto taoista. Non che vada meglio tra le altre confessioni religiose da me visitate. Ma è divertente notare come ancora una volta un frammento di un commento possa aver colto nel segno:

Da scrittrice, confermo quanto hai scritto. Eccetto per la grazie 'nel contesto cristiano', perché esiste anche quella nel contesto pagano e, per diretta conoscenza, è anche più prorompente e meno costrittiva :-D

A saper cogliere i dettagli, conseguono necessariamente certi sorrisi. Avevo una amica che si è rivelata aderente ad un culto pagano, praticamente una strega. Ma svelato il di lei segreto - indirettamente - mi sono visto chiudere le porte in faccia. Pazienza, le streghe non sono tutte buone. Tutto sommato un tuffo nel mondo wicca, o pagano che sia, mi stuzzica l'appetito infantile. Magia e contatto con la natura, cosa chiedere di più?

coincidenze,bitter e post-it

Questo è uno di quei post che non possono non essere scritti, soprattutto alle cinque passate del mattino.
Vediamo un po', il sugo della storia. Rientrato dal trambusto della riviera romagnola con amici, attestata la solita mancanza di sonno, apro il sito di orizzonte scuola e scopro che

"

MIUR . Firmato il decreto: partono i corsi per la specializzazione sul sostegno per l’a.s. 2013/14. Prevista prova di ingresso

Il Ministro Carrozza ha firmato per il decreto che autorizza gli atenei a organizzare corsi per la specializzazione al sostegno per l’a.s. 2013/14. I posti autorizzati sono 1.285 per la scuola di infanzia, 1.826 per la scuola primaria, 1.753 per la scuola secondaria di I grado, 1.534 per la scuola secondaria di II grado. Prevista una prova di accesso selettiva. "

Dopo cinque anni mi ritrovo per le mani la possibilità di un nuovo titolo che potrebbe permettermi una cospicua riduzione di stress. Un fatto che davo per impossibile, soprattutto in questo periodo. E poi una idea matta per questo prossimo fine anno. Insomma una lista di fatti la cui interpretazione in chiave taoista è quasi obbligata. In pratica, per la seconda volta, una catena di accadimentaggini sembra invitarmi a restare, da non morto. Tutto questo mi ricorda dead like me, seconda stagione (e pure ultima, visti i bassi consensi ricevuti). E' quasi ricevere piccoli gialli post-it  contententi raccomandazioni su possibili accadimentaggini future. Sia ben chiaro, i non morti sono ben più vivi di prima e questo complica la questione. Mi congedo consolandomi con un bitter rosso rubino, il mio colore preferito (pure il colore del mio segno astrologico, lo scorpione). Restano poco più di quattro mesi, e visti i post-it ricevuti, l'intensità è variabile desta. Senza contare che  è piovuto un post-it con un indirizzo a cui dovrò necessariamente scrivere. Tutto questo mi fa pensare. Ne parlerò con ray favole private, sorseggiando un po' di vino, rosso pure quello. Devo passare a trovarlo, naturalmente. Suona come una favola privata, in effetti: l'universo - o chi per lui - sembra volermi incasinare simpaticamente i piani, per continuare a farmi restare sulla terra, con i piedi - e nel cielo con la testa, ancora una volta. Questa volta si vedrà, c'è ancora un po' di tempo per pensare. E sia.




martedì 20 agosto 2013

ironia e ospedali

Faccio visita a giako, in ospedale, operato di fresco a seguito di appendicite. Giako somiglia tantissimo a cappello di paglia, un personaggio del fumetto one piece, tuttora edito e da cui è stato tratto anche un cartone animato. Fuori reparto un tocco di particolare ironia.


lunedì 19 agosto 2013

taoismo e comunicazione

Ancora una volta un frammento di un commento può costituire momento di riflessione e oggetto quindi di un nuovo post.

Invece non sono convinta che i desideri si avverino in automatico, purché vi indirizziamo energia.
Al di là dei fattori più o meno inconsci di autosabotaggio che si verificano, penso semplicemente che la realtà sia coocreata con l'Universo. Noi ci possiamo mettere il nostro, ma non possiamo fare tutto da soli.

Come ho già sottolineato più volte, mi definisco taoista post moderno (non per iniziazione o conoscenza o per magia cosmica o interposta grazia). Che cosa c'entra il taoismo con questo frammento preso a prestito da un commento?
La scrittura, a volte,incarna quello spirito vitale,intuitivo,una specie di grazia (nel contesto cristiano) che scorre semplicemente, attraversando gli animi umani che incontra, come l'acqua scorre nelle fenditure di una roccia, libera.
Tuttavia come non può darsi un nome a tutto questo processo - taoismo è una contraddizione in termini e quindi un koan per chi vuole riflettere, in stile buddhismo zen - così la scrittura genera interrogativi e stili indipendenti, a volte misteriosi, così come un flusso d'acqua che scorre produce senza pretesa di organicità altri sottili e vitali rigagnoli. Qui si è dato un altro koan - sottile, vivace - un desiderio d'espressione:

Noi ci possiamo mettere il nostro, ma non possiamo fare tutto da soli.

Dal punto di vista occidentale, una sfida alla bivalenza; dal punto di vista orientale (oppure semplicemente per chiunque sia attento ai dettagli, al fluire della vita) una contraddizione in termini: essere soli è come pretendere di ridere senza pubblico; come dunque immaginare ed agire solo animati da questo? Eppure tutto l'individualismo liberale sembra costituirsi in questo dogma universale. Da una critica ad un post, un'opinione liberamente espressa è nato un nuovo koan che nulla ha da rimpiangere ai classici della colomba dentro la bottiglia o il suono del battito di una sola mano.
Eppure dal mio post non emerge contraddizione con quanto affermato. Ne traggo un'indicazione: la scrittura è un labirinto, un frattale a cui dare un senso è opera senz'altro postuma. Spero che qualcuno, passando di qui, ne tragga giovamento.

domenica 18 agosto 2013

la città incantata (film di animazione giapponese)

A volte i commenti meritano un post a parte  (esempio di intarsio relazionale che facciabuk non potrà mai implementare; con buona pace di certi egomaniaci)

Io parto sempre dal presupposto che se la massa è così tonta, arida e pericolosa, è perché, come diceva la mia nonna bosniaca: "E' facile essere degli stupidi, difficile è essere intelligenti"

Quando qualcuno cita la nonna mi sorge spontaneo un sorriso; ho avuto una nonna stupenda (e pure il nonno della stessa pasta, anche se di carattere alquanto particolare). Sono stato in croazia; visto come pensano le nonne in bosnia, dovrò fare una visitina da quelle parti

Nel mio piccolo ritengo che il primo passo verso una vita autentica sia quello di conoscere se stessi. Se non ti conosci fin nelle pieghe più profonde del tuo essere (ed è un impegno che ha un inizio e si protrae fino alla morte), non puoi realmente (ri)scoprire cosa vuoi in questa vita. E se non lo sai, vaghi come un'anima in pena, avvelenando prima la vita del prossimo e poi anche la tua. E spesso nemmeno sai perché lo fai!
Ho scritto (ri)scoprire, perché spesso i bambini hanno una visione molto più chiara degli adulti di ciò che vogliono. Sono proprio gli adulti, poi, col passare degli anni, che gli mettono sulle spalle un fardello dietro l'altro: religione, status sociale, studi, doveri, ecc ecc arrivandoli a schiacciare.

Come scrissi nel mio vecchio blog a più riprese, io non ho mai sentito dentro di me l'esigenza di sapere chi fossi; neppure un desiderio di conoscenza interiore; ho sempre affermato di non essere cambiato, a parte i contenuti oggettivi della conoscenza accumulati negli anni. Per capirci, posto che sia possibile che possa spiegare il mio stato interiore, potete immaginare un prato che ogni primavera fiorisca secondo modi e aspetti differenti, ma conservando la sua essenza primaverile. Se fossi buddhista propenderei per l'illuminazione; ma è noto un famoso koan il cui invito ad uccidere il buddha in caso d'incontro fortuito di fatto annullerebbe la tensione esplicativa; in verità sono taoista (e matematico) ma il risultato finale è il medesimo e, per quanto mi riguarda, non proprio il massimo dell'aspettativa: sapersi consapevoli in merito a se stessi rappresenta precisamente metà del mio cammino; sarà pure la metà, ma oggi come non mai sarebbe auspicabile, almeno per il sottoscritto, arrivare almeno ai tre quarti. Quanta fatica progredire in tal proporzione minima! Eppure è così. Evidentemente altri hanno proporzioni diverse, diciamo 30% dentro, 70% fuori e fine del problema. Chi si accontenta gode? Non è vero neppure questo. Si tratta proprio di uno schiacciamento, interiore quanto esteriore, capace di polverizzare l'individuo. L'uomo ad una dimensione, infine. Tre strati di pancake ridotti ad un cracker, neppure biologico. Per fortuna ci sono artisti,bambini e storie da raccontare

Solo in pochi si risvegliano ed è loro compito, io credo, cercare di aprire gli occhi anche a chi rimane dormiente. Ma, spesso e volentieri, è una lotta contro i mulini al vento. La maggioranza non vedrebbe l'unica oasi nel deserto nemmeno se stesse per annegare nelle sue acque.

Precisamente, risvegliarsi. Mi limito ad aggiungere che, in base ai principi della termodinamica, fare la guerra ai mulini a vento ha prosciugato negli anni quasi tutta la mia energia. Stare con persone decenti ricarica le mie batterie. Consiglio vivamente di sperimentare.

La triste verità è che non puoi salvare chi non vuole essere salvato e anche questo prima lo accetti e meglio è.

Questo è un risultato tosto e controverso. Ci devo pensare. Ne parlerò con nicole.

P:S A Nicole -nome adorato, appartiene alla quarta delle mie nipoti- consiglia i film di animazione di Miyazaki. Ne rimarrà incantata come accade anche a noi adulti.

Sarà pure una coincidenza, ma nicole è uno dei nomi meravigliosi che amo. La città incantata l'avevo già visto, ne ho scritto nel mio blog vecchio. E anche nicole l'ha visto. Glielo ricorderò, ovviamente.


a proposito dell'ordine tradizionale in casa propria

Foto della mia stanza-studio. Al diavolo l'ordine così ricercato come antidepressivo in certi nuclei familiari o soggetti particolarmente propensi a collegare luoghi necessari ad oggetti provvisori


couchsurfing, ovvero la casa in scambio e altro affine)

Qui https://www.couchsurfing.org/ oppure un blog qui http://lacasainscambio.blogspot.it/