venerdì 27 settembre 2013

la cognizione del dolore direttamente dall'america

E' arrivato il testo critico della cognizione del dolore, direttamente da una biblioteca pubblica americana.
E' espressamente designato come withdrawn. Strane accadimentaggini dall'estero.



assurdo scolastico quotidiano

Situazione scolastica ancora aperta. Due ore di tecnologia della comunicazione,quattro ore di matematica e forse sette ore divise tra sistemi di automazione e reti. E potevo avere altre quattro ore di matematica ma le scuole diventavano quattro in due comuni distinti e la legge non lo permette.
Intersecare gli orari e le varie attività scolastiche (riunioni inutili,consigli di classe - spesso inutili - collegi docenti assolutamente inutili e quant'altro) sarà disinteressatamente divertente.
In classe agisco come un matematico, non come un insegnante classico. Praticamente cerco di sviluppare il senso critico proponendo problemi e sviscerando i loro dubbi esistenziali. Un trattamento ibrido stille dottor house e attimo fuggente. Poiché da taoista obbligo alla riflessione lenta e rapidamente oscillante (così da evitare incrostamenti dottrinali), molti miei studenti finiscono con il trovarsi disorientati, abituati come sono al mordi e fuggi del post moderno. E' interessante notare come resista nonostante tutto una esigua minoranza di studenti che invece reagiscono brillantemente. Praticamente - sistematicamente - non c'è uno spettro uniforme; i miei studenti dichiarano di non aver capito alcunché oppure di aver compreso ogni dettaglio (anche quando non v'è alcunché da comprendere). E' appassionante indagare gli ostacoli epistemologici e psicologici di tali reazioni. E il quadro si ripete anche per i miei studenti universitari. Tutto il mondo è paese? Non credo ma prendo atto. Al secondo incontro nella mia prima scatta l'obiezione classica dello studente post moderno: questo a che serve con il lavoro da geometra? E siamo solo all'inizio. Ed era l'ultima ora.

arrampicata scientifica

Oggi pomeriggio uscita inaspettata con francesco ad arrampicare a rio cozzi, località castrocaro terme.
La dieta produce i suoi primi effetti benefici, il traguardo è di circa 69-70kg per un altezza media di 176 cm. La tecnica deve ancora migliorare, utilizzo troppo le braccia e poco le gambe. Ho conosciuto due simpatiche persone, un fisico ed un astronomo che lavorano presso il planetario come specialisti.
In pratica una riunione di scienziati arrampicatori: un matematico,un fisico,un astronomo ed un aspirante ingegnere meccanico. Sotto, io (rosso) e francesco (giallo). Il grado è stimato 6a



domenica 22 settembre 2013

terapia cognitivista

Prima di intraprendere una terapia di tipo cognitivista (o spesso, cognitivo-comportamentale) sarebbe opportuno leggersi qualcosa in merito. Tra le tante definizioni,estraggo questa dal sito terzocentro.it Occorre sempre valutare,indagare,analizzare e financo dilacerare la teoria a scopo critico. Si ricordi che l'oggetto del contendere è la natura della vita personale,il nostro aspetto affettivo-relazionale. Quindi qualcosa di importante,irriducibile ed unico. Qualcosa su cui occorre investire tempo ed energia.

Cenni di storia

La psicoterapia cognitiva è un orientamento terapeutico che si è sviluppato negli Stati Uniti intorno alla fine degli anni sessanta in seguito al lavoro clinico di Aron T. Beck. 
Beck si accorse che i pazienti presentavano più flussi di pensieri che scorrevano parallelamente e che alcuni di essi erano direttamente responsabili delle emozioni dolorose provate dalla persona in una data situazione. Pensò, dunque, che l'analisi dei pensieri poteva aiutare l'individuo a capire la sofferenza del paziente e le cause dello sviluppo e del mantenimento dei disturbi mentali.
In seguito a queste osservazioni, l'autore elaborò un modello di intervento clinico basato sulla riflessione cosciente sulle proprie emozioni e sui pensieri ad esse associati e la messa in discussioni dei pensieri che interferivano con l'equilibrio emotivo della persona.
Questo nuovo tipo di terapia fu chiamato dallo stesso autore Psicoterapia Cognitiva in quanto, secondo Beck, il pensiero costituiva sia il problema psicologico primario che la sua cura. 
Questo nuovo approccio si distingue dalla psicoanalisi classica in quanto sostiene che le motivazioni della sofferenza mentale e i meccanismi di cambiamento psicologico non sono necessariamente da ricercare nell'inconscio, ma possono essere compresi a partire dall'analisi dell'esperienza cosciente della persona. 
Negli anni successivi gli studi di Beck hanno posto le basi per la nascita di altri tipi di terapia cognitiva, come ad esempio la terapia razionale-emotiva di Albert Ellis, il costruttivismo di George Kelly, la terapia multimodale di Arnold Lazarus, il modello teorico di Michael Mahoney, il cognitivismo post-razionalista di Vittorio Guidano.
Data la numerosità  di approcci di orientamento cognitivista che si sono sviluppati negli anni, la terapia di Aron T. Beck è stata rinominata terapia cognitiva standard .
La psicoterapia cognitiva può essere più genericamente indicata con la denominazione Terapia Cognitivo-Comportamentale in quanto ricorre spesso all'uso di tecniche di derivazione comportamentista.

Che cos'è la psicoterapia cognitiva

La psicoterapia cognitiva è una forma di terapia psicologica che si basa sul presupposto che vi è una stretta relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti e che i problemi emotivi sono influenzati da ciò che pensiamo e facciamo nel presente.
La ricerca scientifica, infatti, ha dimostrato che le nostre reazioni emotive e comportamentali sono determinate dal modo in cui interpretiamo le varie situazioni, quindi dal significato che diamo agli eventi. Immaginiamo una situazione esemplificativa: è notte e due persone sono a letto in attesa di prendere sonno, quando improvvisamente sentono un rumore. Uno dei due, un po' seccato, si volta dall'altra parte e prova a riprendere sonno; l'altro, invece, si preoccupa, si alza dal letto e si dirige allarmato verso il luogo di provenienza del rumore. Cosa spiega questi due differenti comportamenti in risposta allo stesso evento? La differente reazione emotiva e comportamentale è determinata dall'interpretazione che i due soggetti fanno del rumore, quindi dai loro pensieri. Probabilmente, infatti, sentendo il rumore la prima persona avrà pensato: "Al vicino sarà caduto qualcosa, domani gli chiederò di fare più attenzione a quest'ora della notte!". La seconda persona, invece, è più probabile che abbia pensato: "Che cosa sarà successo? Staranno rubando qualcosa?". Lo stesso evento, quindi, può portare ad emozioni e comportamenti differenti a seconda di come lo si interpreta. Questo spiega perché una stessa situazione-stimolo può provocare in soggetti diversi, o nello stesso soggetto in momenti differenti, due reazioni completamente opposte.
Perché interpretiamo gli eventi? La spiegazione che fornisce la teoria cognitiva è che le persone cercano di dare un senso a ciò che le circonda e si organizzano l'esperienza per non essere sopraffatte dalla grande quantità di stimoli a cui sono sottoposte ogni giorno. Con il passare del tempo le varie interpretazioni portano ad alcuni convincimenti e apprendimenti, che possono essere più o meno aderenti alla realtà e più o meno funzionali al benessere della persona. Il modello cognitivo sostiene che ci sono tre livelli di cognizioni:
  • convinzioni profonde o core beliefs o schemi cognitivi;
  • convinzioni intermedie;
  • pensieri automatici.
Le convinzioni profonde (o core beliefs o schemi cognitivi) sono delle strutture interpretative di base con cui la persona rappresenta se stesso e gli altri e organizza il suo pensiero. In altre parole uno schema è una tendenza stabile ad attribuire un certo significato agli eventi. Ad esempio, una persona che ha uno schema di sé del tipo "Non sono amabile" penserà che nessuno mai potrà amarlo e può interpretare la fine di una relazione non come un evento che può capitare a tutti e che di solito è influenzato da più fattori, ma come la prova che nessuno lo può amare. I contenuti degli schemi cognitivi vengono considerati come delle verità assolute. Questi pensieri sono, infatti, più globali, rigidi e ipergeneralizzati rispetto alle altre forme di cognizione. Essi possono riguardare noi stessi (schema di sé), gli altri (schema dell'altro) e la relazione di sé con l'altro (schema interpersonale).
Le convinzioni intermedie sono delle idee o interpretazioni su noi stessi, sugli altri e sul mondo che ci permettono di organizzare l'esperienza, prendere decisioni in tempi brevi e orientarci nelle relazioni con le altre persone. Esse sono più malleabili rispetto alle convinzioni di base. Le convinzioni intermedie sono costituite da opinioni (es. "È umiliante andare all'esame impreparato!"), regole (es. "Devo sempre essere all'altezza della situazione!") e assunzioni (es. "Se prendo trenta tutti mi stimeranno"!).
I pensieri automatici, infine, sono le cognizioni più vicine alla consapevolezza conscia e sono delle parole, piccole frasi o immagini che attraversano la mente della persona ad un livello più superficiale (es. "Sarò sempre un fallito!"). Essi sono facilmente modificabili e sono direttamente responsabili delle emozioni provate dalla persona.Secondo il modello cognitivo, le convinzioni profonde influenzano le convinzioni intermedie e quelle intermedie influenzano i pensieri automatici; questi, infine, interferiscono direttamente sullo stato emotivo della persona. Ad esempio, lo schema "Sono un incapace" può portare la persona ad avere la convinzione intermedia "Se non riesco a studiare vuol dire che sono davvero un fallito!"; tale assunzione, infine può far emergere il pensiero automatico "Sono proprio un fallito!".

A cosa serve

Alcune volte le convinzioni che abbiamo su noi stessi, sugli altri o sul mondo possono essere disfunzionali, cioè possono distorcere la realtà delle cose, attivarsi in modo rigido indipendentemente dai contesti, generare pensieri automatici negativi che producono sofferenza. Il modello cognitivo ipotizza che il pensiero distorto e disfunzionale sia comune a tutti i disturbi psicologici e che sia il responsabile del protrarsi delle emozioni dolorose e della sintomatologia del paziente.
In alcuni casi, infatti, il pensiero distorto e disfunzionale può portare allo sviluppo di circoli viziosi che mantengono la sofferenza nel tempo. Ad esempio, una persona con depressione può pensare di sé "Sono un fallito!" (pensiero) e provare uno stato di tristezza (emozione); a sua volta, la tristezza porta all'apatia e alla passività nel comportamento, che possono essere interpretate dal soggetto come un ulteriore prova del proprio fallimento personale, in altre parole la persona potrebbe pensare di sé "Sto qui senza fare niente, sono proprio un fallito!" (pensiero); tale interpretazione può generare altra tristezza (emozione) e così via.
Le emozioni negative intense (es. elevati livelli di tristezza, vergogna, colpa o ansia), inoltre, possono essere così dolorose e invalidanti da interferire con le capacità della persona di pensare chiaramente alla soluzione del problema.
Possiamo considerare i disturbi emotivi, dunque, come il prodotto di circoli viziosi che mantengono i sintomi nel tempo. E' possibile supporre che senza tali meccanismi di mantenimento, la persona troverebbe da sola la soluzione dei suoi problemi psicologici utilizzando la capacità di risoluzione dei problemi (problem-solving) insita nell'essere umano.
La terapia cognitiva, pertanto, interviene sui pensieri automatici negativi, sulle convinzioni intermedie e sugli schemi cognitivi disfunzionali al fine di regolare le emozioni dolorose, interrompere i circoli viziosi che mantengono la sofferenza nel tempo e creare le condizioni per la soluzione del problema. Gli studi scientifici sul trattamento dei disturbi emotivi indicano che se si ottiene una modificazione profonda delle convinzioni si hanno meno probabilità di ricaduta in futuro.

Cosa distingue la terapia cognitiva dalle altre forme di psicoterapia

La terapia cognitiva è fondata scientificamente

Studi scientifici controllati hanno dimostrato l'efficacia della terapia cognitiva nel trattamento della maggior parte dei disturbi psicologici, tra cui la depressione maggiore, il disturbo di panico, la fobia sociale, il disturbo d'ansia generalizzatoil disturbo ossessivo-compulsivo, i disturbi dell'alimentazionele psicosi.
Altre ricerche condotte sia a livello nazionale (es. Istituto Superiore della Sanità) che internazionale (es. Organizzazione Mondiale della Sanità) hanno dimostrato che la psicoterapia cognitiva ha un'efficacia maggiore o pari agli psicofarmaci nella cura di molte patologie psichiatriche. Se paragonata agli psicofarmaci, inoltre, la terapia cognitiva risulta essere più utile nella prevenzione delle ricadute. In alcuni disturbi (es. disturbo bipolare, psicosi), tuttavia, il trattamento farmacologico continua ad essere indispensabile.
È stato anche provato che questo tipo di terapia è efficace indipendentemente dal livello di istruzione, stato sociale e reddito della persona che richiede il trattamento.

La terapia cognitiva è orientata allo scopo

Dopo la prima fase di valutazione diagnostica, terapeuta e paziente stabiliscono insieme quali sono gli obiettivi della terapia ed il piano terapeutico da adottare. Generalmente il terapeuta cognitivista interviene dapprima sui sintomi che, al momento, generano maggiore sofferenza poi sugli altri aspetti del disturbo.
Periodicamente si verificano i progressi fatti rispetto agli scopi prefissati, anche mediante valutazioni testologiche.

La terapia cognitiva è centrata sul problema attuale

Lo scopo della terapia è la risoluzione dei problemi attuali del paziente e l'attenzione del terapeuta è rivolta soprattutto al qui ed ora. In modo particolare il terapeuta pone la sua attenzione su ciò che nel presente contribuisce a mantenere la sofferenza, pur considerando gli eventi passati e le esperienze infantili come utili fonti d'informazione circa l'origine e l'evoluzione dei sintomi.
Alcuni esempi di problemi attuali sono la riduzione dei sintomi depressivi, la gestione dell'ansia che porta agli attacchi di panico e la risoluzione dei comportamenti compulsivi.

La terapia cognitiva è basata sulla collaborazione attiva tra terapeuta e paziente

Terapeuta e paziente collaborano attivamente per capire il problema e sviluppare delle strategie adeguate al padroneggiamento della sofferenza generata dal disturbo. I due decidono l'argomento della seduta e lavorano per identificare, mettere in discussione e sostituire i pensieri disfunzionali che portano allo sviluppo dei problemi emotivi.

La terapia cognitiva utilizza un molteplicità di tecniche

La terapia cognitiva fa uso di una serie di tecniche che servono a gestire gli stati emotivi dolorosi del paziente. Le tecniche che vengono utilizzate variano in base al tipo di problema presentato e alla fase della terapia.
Alcune di queste tecniche, tuttavia, non sono di origine cognitivista ma provengono da altri orientamenti; in modo particolare in terapia cognitiva si ricorre spesso all'uso di tecniche di derivazione comportamentista ed è per questo motivo che spesso si parla di terapia cognitivo-comportamentale.

La terapia cognitiva mira a far diventare il paziente terapeuta di se stesso

Il terapeuta istruisce il paziente sulla natura del suo disturbo, sul processo della terapia e sulle tecniche cognitive e comportamentali. Il paziente, quindi, viene allenato a prendere consapevolezza del proprio funzionamento mentale e ad utilizzare le tecniche per gestire la propria sofferenza.
L'acquisizione delle abilità di gestione delle emozioni dolorose permette al soggetto di beneficiare del trattamento anche dopo la conclusione della terapia.

Gli strumenti del terapeuta

A differenza di altri terapeuti (es. psicoanalisti), il terapeuta cognitivista è attivamente impegnato nella conversazione con il paziente. Durante i colloqui, inoltre, utilizza una serie di procedure e tecniche sia cognitive, che comportamentali, al fine di individuare e modificare le convinzioni disfunzionali del paziente e di favorire nuove modalità di gestione della sofferenza. Il terapeuta sceglie la tecnica da usare in base alla natura del disturbo, alla fase della terapia, agli obiettivi terapeutici e a quanto la persona è motivata a cambiare.
Le tecniche o le procedure più frequentemente utilizzate in psicoterapia cognitiva sono le seguenti.

Dialogo socratico

Il dialogo socratico è un metodo di conduzione del colloquio che consiste in una serie mirata di domande ed osservazioni volte a guidare il paziente alla scoperta delle sue convinzioni disfunzionali e a promuovere in lui un atteggiamento critico nei confronti di queste.

Scoperta guidata o tecnica della freccia discendente

La scoperta guidata è un metodo di conduzione del colloquio che consiste nel chiedere progressivamente al paziente il significato dei suoi pensieri, al fine di rilevare le convinzioni sottostati che egli ha su se stesso, sulle altre persone e sul mondo.

Tecnica dell'ABC o monitoraggio dei pensieri automatici

L'ABC è una tecnica con cui terapeuta e paziente possono identificare il contenuto dei pensieri automatici. Tale tecnica è applicata nel modo seguente: si chiede al paziente quali sono le emozioni principali coinvolte nella sua esperienza problematica, in quali situazioni insorgono e quali pensieri o immagini (pensieri automatici) le precedono, accompagnano e seguono; poiché le persone di solito hanno difficoltà ad identificare i propri pensieri automatici, il paziente viene, dapprima, allenato a riconoscerli in seduta e, in un secondo momento, viene invitato ad utilizzare questa tecnica di autosservazione durante la settimana.

Problem-solving

In aggiunta ai disturbi psicologici, a volte, i pazienti presentano una specifica difficoltà nel risolvere i problemi della vita quotidiana. Il problem-solving è una tecnica che viene insegnata al paziente per trovare soluzioni ai problemi della vita reale. Tale tecnica consiste nell'identificazione del problema pratico presentato dal paziente e nella promozione di un atteggiamento attivo rispetto alla soluzione di questo. Più in dettaglio si chiede al paziente di escogitare diverse soluzioni del problema, di sceglierne una tra queste, di metterla in atto e di valutarne l'efficacia. Inizialmente il terapeuta può assumere un atteggiamento propositivo e suggerire al paziente possibili soluzioni alternative, ma con il passare del tempo egli incoraggerà la persona ad utilizzare autonomamente la tecnica del problem-solving.

Esperimenti comportamentali

Gli esperimenti comportamentali sono dei veri e propri "esperimenti" che terapeuta e paziente progettano insieme in seduta. Questi hanno lo scopo di falsificare le convinzioni (es. aspettative) disfunzionali che sono alla base dei disturbi emotivi del paziente. Una persona con disturbo di panico, ad esempio, può avere la convinzione disfunzionale che le vertigini presenti durante le crisi di ansia portino ad un imminente svenimento. In questo caso potrebbe essere opportuno realizzare questo esperimento comportamentale: terapeuta e paziente insieme fanno degli esercizi di iperventilazione (cioè aumentano la frequenza e la profondità del respiro) per autoindursi un eccesso di ossigeno al cervello e, dunque, un'innocua sensazione di sbandamento. La riproduzione di tale esperimento nel tempo farà costatare al paziente che le vertigini che avverte in certe circostanze sono causate dall'eccesso di ossigeno al cervello dovuto al modo in cui respira (iperventilazione) durante lo stato di ansia e che non si sviene in tali circostanze.
Se sono costruiti in un modo appropriato, gli esperimenti comportamentali sono dei potenti fattori di cambiamento cognitivo ed emotivo.

Promemoria o coping cards

I promemoria sono dei bigliettini su cui il paziente e il terapeuta scrivono le strategie cognitive e comportamentali che il paziente dovrebbe mettere in atto durante la situazione problematica. Il paziente viene incoraggiato dal terapeuta a tenere i promemoria sempre con sé (es. in tasca, nel portafogli) e ad utilizzarli regolarmente (es. due volte al giorno) o al bisogno.

Esposizione graduale

L'esposizione graduale è una tecnica che consiste nel programmare la modificazione di un comportamento disfunzionale facendo un piccolo passo alla volta. Il terapeuta cognitivista chiede al paziente di scomporre l'obiettivo (il comportamento problematico) in sotto-obiettivi di difficoltà minore e di esporsi a questi, ossia di affrontarli, in modo graduale, dal più facile al più difficile. Prendiamo come esempio una persona con disturbo di panico che, apprese le tecniche di gestione dell'ansia, ha come obiettivo terapeutico quello di riprendere la metropolitana per andare al lavoro. Il terapeuta inviterà il paziente a scomporre questo obiettivo in piccoli passi più facilmente raggiungibili e a realizzarli gradatamente: il primo giorno, ad esempio, il paziente andrà sulla banchina della metropolitana senza prendere il mezzo, il secondo giorno prenderà la metropolitana per una fermata, il terzo giorno per due fermate e così via.

I compiti a casa o homework

I compiti a casa sono una parte importante della terapia cognitiva. Attraverso di essi il terapeuta cerca di estendere le opportunità di regolazione cognitiva, emotiva e comportamentale a tutta la settimana. Esempi di compiti a casa sono l'automonitoraraggio dei pensieri automatici negativi attraverso la tecnica dell'ABC e gli esperimenti comportamentali.
Non tutti i pazienti, però, eseguono i compiti a casa. Gli studi scientifici affermano che i pazienti che si adoperano nei compiti a casa presentano maggiori progressi rispetto a quelli che non lo fanno.

venerdì 20 settembre 2013

assurdo scolastico

Anche quest'anno la scuola pubblica italiana mi contatta per una supplenza annuale. Quest'anno piovono incarichi da ogni parte. Due ore in un istituto professionale, indirizzo relazioni internazionali per il marketing. La disciplina - nuova solo nel nome e nelle pretese - è stata denominata tecnologia della comunicazione (la classe di concorso è a042 , informatica). Le indicazioni ministeriali sono farneticanti,improponibili. Praticamente un assurdo costruito a tavolino senza preoccuparsi della realtà scolastica. Nella scuola dove sono il monte ore è stato diviso in un trimestre e in un pentamestre. Ora in un trimestre ci sono dodici settimane utili, almeno in teoria. Facciamo pure tredici. Ogni settimana, due ore di lezione. Quindi un totale di ventisei ore. E ci sono venticinque studenti (si tratta di una quarta). Che cosa si potrà mai fare seriamente? Neanche all'università una minchiata educativa simile. E pure mi è stata raccomandata la partecipazione ad un progetto interdisciplinare. Della serie andiamo sulla luna in bicicletta. La scuola italiana è allo sfascio. E questa volta neppure io - matematico bambino - posso sperare di combinare qualcosa che possa ritenersi decente secondo i miei personali parametri (assai distanti dalla media nazionale, sia ben chiaro). In aggiunta all'utopia sono in arrivo - forse - altre quattro ore in un corso serale, indirizzo economia aziendale, per l'insegnamento di matematica. Due classi, due ore per classe ogni settimana. Vale quanto ho scritto sopra. Tuttavia in questo caso potrò impostare il corso privilegiando la storia della matematica, prevista e praticamente mai insegnata - secondo la mia esperienza - in tutte le scuole da me visitate. E per concludere altre quattro ore in altro istituto tecnico, sempre matematica. Alunni turbolenti mi è stato detto. Non voglio uccidere nessuno quest'anno. In altro post racconterò delle piccole grandi manovre illegali a cui ogni anno un docente scassapalle anarchico libertario come il sottoscritto deve far fronte. Un vero stress. Ma è in arrivo il corso abilitante per il sostegno agli alunni disabili. E così lo stress andrà addosso a qualcun'altro. Salvo essere salvato dal sottoscritto in aula, naturalmente.

Legna da ardere e senso critico

Carico di legna da ardere per l'inverno. Abbondante. Sessanta quintali circa. Dove sta il senso critico?
Ho contattato uno dei tanti venditori - stranamente molti dei quali meridionali; questo è pugliese - alla ricerca del prezzo più basso. Ci siamo accordati per 11.5 euro/quintale per un quantitativo di venticinque quintali (tolleranza di due o tre quintali). Ma ecco la novità. Arriva un intero carico di sessanta quintali. Costo effettivo seicento euro, legna in mano. Ma gli accordi erano diversi. I due pugliesi insistono ribadendo che l'intero carico sarebbe stato nostro per un prezzo davvero irrisorio. Ma senza fattura e dichiarazione del peso. Mio fratello sborsa l'intero ammontare (io non ero d'accordo; bastava la metà). Archivio il fatto come esempio da portare ai miei studenti quest'anno. Esistono le pese pubbliche, gratuite. Il certificatore, come è noto, non può coincidere con il certificato. Diffidare quindi del peso riportato in fattura (quando emessa). Ma quale italiano sarebbe disposto ad insistere sul peso effettivo? Ecco - appunto - il senso critico. In molti preferiscono evitare di battere il pugno per avere giustizia, anche quando essa sia da ritenersi palese. Siamo in italia. Ma a scuola almeno posso informare i miei studenti.E saranno legnate. Un altro spunto di riflessione potrebbe essere il problema di calcolare quante cariole occorre riempire per riordinare l'intero carico (a me ne spettano almeno 40). Ricordate la definizione? La densità è la massa per unità di volume. Il peso specifico è il peso per unità di volume.


ergastolo? meglio tardi che mai

Cito in ritardo. Meglio tardi che mai. (estratto http://www.sportellodeidiritti.org/notizie/dettagli.php?id_elemento=1962)

Per la Corte di Strasburgo le condanne a vita sono possibili solo se c'è almeno una possibilità di tornare liberi, ossia se è possibile la revisione o la possibilità di ritornare in libertà.
Una sentenza destinata a far discutere quella della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dello scorso 9 luglio nell’applications numero 66069/09, 130/10 e 3896/10 che da un duro colpo all’istituto dell’ergastolo. Per essere sintetici, la decisione della Corte di Strasburgo stabilisce che le condanne a vita sono compatibili con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, se e solo se per il recluso risulta prevista almeno una possibilità di liberazione o di revisione.


La Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, con un’importante sentenza depositata il 9 luglio scorso ha affermato il principio per cui l’ergastolo senza possibilità di liberazione anticipata o di revisione della pena è una violazione dei diritti umani, poiché l’impossibilità della scarcerazione è considerata un trattamento degradante ed inumano contro il prigioniero, con conseguente violazione dell’art. 3 della Cedu.
Secondo i giudici l’ergastolo per essere compatibile con il suddetto art. 3, deve contemplare sia la possibilità della scarcerazione, sia la possibilità di una revisione dopo alcuni anni (circa 25) di sconto della pena.
Senza dubbio si tratta di una pronuncia che afferma un fondamentale principio di civiltà, destinato ad incidere profondamente sul sistema punitivo interno: un essere umano non può condurre la sua intera esistenza recluso in pochi metri quadrati di spazio. E’ una condizione contrastante con il senso di dignità umana, un trattamento per l’appunto inumano.
Questa pronuncia può essere un momento di importante riflessione sull’opportunità e l’efficacia dell’ergastolo e, più in generale, della pena carceraria.
Il carcere a vita esprime un’idea sociologica e culturale del tutto anacronistica: l’idea che chi delinque, offendendo i valori socialmente rilevanti, è un rifiuto umano di cui sbarazzarsi, mediante la pena di morte o la reclusione in luoghi che tutto possono preservare tranne la dignità, come appunto il carcere. Ciò in quanto chi ha rotto il patto sociale una volta, molto probabilmente, anzi certamente lo farà di nuovo, se ne avrà la possibilità. Contro un essere irredimibile la società può solo difendersi, non dialogare o riappacificarsi.
E’ evidente come questo modo di ragionare è ormai incompatibile con i principi fondamentali su cui si regge la Costituzione italiana.
In quanto pena perpetua, l’ergastolo si configura come espressione di un radicalismo punitivo che esclude a priori la possibilità stessa della risocializzazione del reo, che invece dovrebbe essere scopo preminente della pena (art. 27 Cost). Infatti, una pena per definizione non temporanea assolve solo alla funzione di recidere il legame tra l’’individuo ed il mondo esterno, precludendo ontologicamente qualsiasi connotazione risocializzatrice. Difficilmente chi sa di dover passare il resto dei suoi giorni dentro una stanza potrà ripristinare la propria fiducia nei valori fondamentali della comunità sociale.
Inoltre la pena dell’ergastolo, proprio per la sua natura escludente, è assimilabile alla pena di morte: entrambe sono privazione di vita perché cancellazione di futuro. Entrambe, con la loro spietata esemplarità in nome di esigenze collettive di difesa sociale, strumentalizzano il condannato come mezzo per l’affermazione di obiettivi generali di intimidazione e deterrenza; con ciò contraddicendo il dettato costituzionale dove la persona umana è tutelata nella sua dignità individuale e garantita nello sviluppo della propria personalità in un’ottica di solidarietà (art. 2 e 3 Cost.).
La pronuncia della Corte di Strasburgo rende giustizia a tutto questo.
Più in generale è la centralità della pena detentiva che va rimeditata, proprio perché fondata sulla predetta idea di esclusione sociale del reo. D’altronde la compressione della libertà personale – bene così intimamente connesso alla natura umana – difficilmente riesce a coniugarsi con un percorso di dialogo tra il condannato e la società esterna. La pena detentiva deve essere utilizzata in casi estremamente eccezionali, specie se utilizzata in via preventiva, dovendosi favorire l’utilizzo di misure alternative alla detenzione, di forme di giustizia riparativa.
La sanzione penale deve offrire al reo la possibilità di orientare la propria esistenza nel senso del rispetto dei valori costituzionali, deve tendere a favorire un’effettiva integrazione del soggetto, da ottenersi tramite la realizzazione di un programma di (re)inserimento basato sul sostegno socio-culturale e sull’emancipazione individuale. Il puro e semplice internamento nella struttura carceraria non sembra adatto a tale scopo.
Il problema del sistema carcerario è questione importante, delicata, di cui l’opinione pubblica dovrebbe discutere di più. Tuttavia come già osservò Albert Camus «nella nostra civilissima società la gravità di un male è rivelata dalla reticenza con cui se ne parla», e quanto più lo si presenta come «una dolorosa necessità», tanto più si tende «a non parlarne, perché il fatto è sconveniente».
Superiamo le reticenze e iniziamo seriamente un dibattito sulla questione delle carceri.
Valerio Medaglia

giovedì 19 settembre 2013

omofobia post moderna

Questa volta è il turno di giancarlo cerrelli, il solito integralista cattolico convinto che l'omosessualità sia stata depennata come disturbo mentale per motivi politici. Tra le altre cose sembra non esistere la lobby cattolica ma solo la lobby gay. Che dire dei bisessuali? Quando apprendo di queste manifestazioni di cultura folle non posso che dichiararmi bisessuale. Combatterò a scuola ogni pregiudizio,manifestazione,sentimento razzista,omofobico e integralista. Questo nostro paese è davvero ancora culturalmente indietro, ancorato a tradizioni devastanti sul piano umano. Sotto,estratto della replica sul sito www.huffingtonpost.it. Il video dell'intervento di cerrelli lo trovate su youtube
all'indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=T05UXNjIqR0. Perché non riesco a trovare questo video usando l'opzione di inserimento di blogger?

"A intervenire sull'argomento, essendo di sua stretta competenza, è stato in giornata Giuseppe Luigi Palma, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi, che in una nota ha dichiarato: "È gravissimo che i detrattori della legge antiomofobia ripropongano, tra le altre, l'idea che l'omosessualità sia una malattia da curare e, di conseguenza, che l'orientamento omosessuale sia da modificare, contraddicendo palesemente quanto, invece, da anni sostiene la comunità scientifica internazionale che, a ragione, ha da tempo rigettato le cosiddette terapie di conversione e riparative".
Con esplicito riferimento alle dichiarazioni di Cerrelli, Palma ha aggiunto: "Affermare che l'omosessualità possa essere curata o che l'orientamento sessuale di una persona si debba modificare, come recentemente dichiarato dal vicepresidente Unione giuristi cattolici italiani, è una informazione scientificamente priva di fondamento e portatrice di un pericoloso sostegno al pregiudizio sociale ancora così fortemente radicato nella nostra società, come dimostrano, purtroppo, i sempre più diffusi fatti di cronaca". Ha quindi concluso: "Ribadisco, se mai ce ne fosse bisogno che gli psicologi, secondo il Codice deontologico, non possono prestarsi ad alcuna 'terapia riparativa' dell'orientamento sessuale di una persona, bensì collaborare con i propri pazienti nel caso di disagi relativi alla sfera sessuale siano essi avvertiti dagli eterosessuali così come dagli omosessuali"."

domenica 15 settembre 2013

profezie psicanalitiche post moderne

Ricordate il post sul delirio di onnipotenza? Il mio amico è imploso psichicamente. Ha incendiato casa sua lasciando scritte deliranti sui muri esterni. Ricoverato per un trattamento sanitario obbligatorio, sembra che abbia proferito qualcosa del genere "dovevo farlo". Scrivo questo post per tutti quelli che vivono esperienze simili. Poco prima di una crisi psichica esistono ben definiti segnali. Delirio allucinatorio persecutorio, violenti sbalzi d'umore,violenza esogena ed endogena. Non lasciare la propria casa incustodita, preoccuparsi degli amici vicini e dei parenti. E non lamentatevi se non s'è fatto apposta. Tra parentesi un esame di coscienza lo consiglio ai numerosi (e lautamente remunerati) psichiatri o terapeuti libero professionisti. E sì, la mia terapia di supporto non ha sortito alcun effetto. Ma questa volta non sarò eccessivamente critico verso me stesso. C'è chi ha sbagliato e non muterà atteggiamento. Questioni istituzionali. O forse abitudine. Prima di iniziare una terapia pensateci.

giovedì 12 settembre 2013

matematica e letteratura

Dal blog (http://www.profduepuntozero.it/2013/04/30/dove-ti-iscrivo-il-pupo/) cito testualmente

"Il latino a cosa vuoi che serva? Eppure niente come il latino allena al problem solving, più della matematica, se volessimo fermarci a motivazioni puramente funzionali."

E' mai possibile che ancora una volta un letterato - e motivato insegnante - caschi nella trappola ideologica del classicismo antiscientifico? Devo comunque riconoscere che se per matematica intende la matematica che si insegna alle scuole superiori (non parliamo della spazzatura dei cicli precedenti, in media) allora non posso dargli torto. Ma come ho lasciato scritto nel commento al post, può succedere che un ricercatore senza borsa matematico (e taoista post moderno pure) entri in classe e allora sono dolori per certe ideologie. Ad iniziare dal dogma della frequenza scolastica autoritaria - come la definisco io - che secondo la maggioranza dei cervelli genitoriali obbligherebbe i figli alla frequenza di una scuola pubblica (o privata) fino all'assolvimento dell'obbligo. In realtà non è mai stato così. E ci mancherebbe. I genitori possono optare fin dalla prima elementare per un insegnamento a misura del proprio figlio (vedere testo unico in materia di istruzione). La realtà è ben diversa; di fatto la maggiornaza dei genitori manda i figli a scuola semplicemente perché è comodo avere un caldo parcheggio. Per fortuna sono un docente anarchico libertario (con esperienza pregressa) e non dimentico mai di avvisare i miei studenti in merito alla possibilità di smettere la frequenza scolastica. Dopotutto si tratta della loro vita. Vediamo cosa dice in merito il prof 2.0 del citato blog. Per ora inauguro l'ennesima categoria: io e prof due punto zero. E sia.




odio zuccherino

La blogosfera non smette di stupirmi. Lo ammetto, alle volte rimango letteralmente senza parole. Salvo poi scrivere un post adeguato al rinfrancarsi del mio spirito. La mia infinita curiosità di bambino che non ha dimenticato questa volta s'è imbattuta in questo originalissimo zucchero sintattico (alessandrobianchi.blogspot.it). Vediamo un po' di esaminare il tasso di glucosio con l'aiuto di una concorrente dose d'insulina. Cito testualmente:

"Che non potevo stare simpatico a tutti l'ho intuito durante le scuole medie, quando mi odiavano tutti.

Ne ho la conferma anche oggi, quando mi capita di odiare tutti." 

Questa è una provocazione assai poco originale. Ci avevano già pensato wilde,stirner,nietzsche per intenderci. Però è interessante vedersela sempre riproporre rimaneggiata,originalizzata e quant'altro.

"1. L'odio è il motore dell'evoluzione. Se finora avete pensato che sia l'amore a creare la vita, beh, scordatevelo. È il conflitto che genera le situazioni non banali e che aggiunge il sale alle nostre giornate, ed è sempre il conflitto che ci permette di crescere e sviluppare un senso critico. Non so se purtroppo o se per fortuna, ma ci evolviamo grazie all'odio. Tutto il resto sono sentimenti accessori eventualmente gradevoli."

Questo è un paralogismo emotivo, ovvero un'argomentazione paralogica che si sostiene facendo leva sui sentimenti, praticamente come il marketing. E' un esercizio per i miei lettori capire dove stia l'errore. Per non farvi pensare troppo - o troppo poco - vi lascio un suggerimento decisivo: l'odio è un sentimento, ovvero un'emozione al pari dei "[...] sentimenti accessori eventualmente gradevoli". In questo senso non può costituire né un mezzo né un fine per una decisiva evoluzione; in definitiva non è neppure in sé passibile di alcuna categoria etica. Ma come sentimento espresso, è perfetto per arrecare sofferenza.
Che il nostro glucide sintattico nutra un gran desiderio di maschio alfa? Attenzione, gli idoli vanno e vengono e con essi i maschi alfa. Compreso quel mariano di vaio di cui al post precedente.

"2. L'odio è il motore di ogni storia interessante. Poniamo che tutti ci stiamo simpatici - ipotesi plausibile se si assume perlomeno l'inesistenza di tutta la famiglia Ghedini - poniamo che ci stiamo tutti simpatici, dicevo: ecco, in questo caso non esisterebbe proprio il concetto di simpatia. Probabilmente non riusciremmo nemmeno a immaginarci come sarebbero la simpatia e l'antipatia. Ne consegue che ci sarebbero tutta una serie di sceneggiatori disoccupati, che non avrebbero potuto scrivere i film che si basano sulla contrapposizione tra personaggi buoni e cattivi, quindi praticamente tutti, e anche se questo ci avrebbe risparmiato dalle interpretazioni di Nicolas Cage sarebbe davvero brutto un mondo senza film."

Se bene interpreto, ironia a parte, l'idea è quella di utilizzare (impropriamente) la doppia negazione. Io sono bello se e solo se almeno un individuo non è bello (o simpatico, o vattelapesca). Quindi siccome voglio essere bello, devo riconoscere che qualcuno non lo è. Chiaro il concetto? Se non dovessi confrontarmi con i miei studenti in classe, mi farei quattro risate e morta lì. 

"Infine, mi preme ricordarvi che l'odio è anche il motore di questo blog, che non esisterebbe se io non fossi così oscenamente antipatico da dover criticare e giudicare e sparare pretenziose sentenze su praticamente tutto, ma siccome poi mi leggete, se volete questo blog abbiamo bisogno di qualcuno che mi stia antipatico. A proposito, se volete starmi proprio simpaticissimi, ricordatevi che potete votarmi come Mister Internet ai #MIA13. Ecco, l'ho detto."

Va bene dai, tutte queste menate per invitarci a cliccare il mister internet. Tuttavia non ho speso tempo per riferire semplicemente le solite uscite narcisistiche stile maria de filippi. Due cose mi preoccupano un po'. La prima è il tag categorico che accompagna il post: riflessioni di una mente confusa. Pazienza. Ma c'è qualcosa di più disturbante. C'è un commento che recita:

"On 10 settembre 2013 13:37 , Pipkin ha detto...

Ahah, non ci avevo pensato, ma è davvero così! W l'odio"

Pipkin risponde al nome di http://pipkin.wordpress.com/ ; se avrò tempo e voglia passerò a fargli visita.
Per ora mi limito a sottolineare quanto l'odio sia sostanzialmente un sentimento confuso in un mondo post moderno che non distingue più tra un'offesa e un'opinione; tra un intorto ad una ragazza ed una violenza sessuale. In definitiva, l'odio è divenuto un sentimento da reality. Salvo poi rientrare di prepotenza, dopo una crisi alcolica o tossica, sulla scena del reale quotidiano. Cosa dovrei dire ai miei studenti? Fatevi due risate e beviamoci su? Ho ancora un po' di tempo per pensarci. E sia.



try

Suggerita da monica marie. Gotta give up and try..


mercoledì 11 settembre 2013

ragione e sentimento

Dalla blogosfera, precisamente ilrumoredeisilenzi.blogspot.it ovvero il giardino dei ciliegi, cito questo frammento ideale tipico di ragione e sentimento:

"Lei non sa che, di quest'uomo, ho amato l'intelligenza acuta; l'ironia ed il senso dell'umorismo; la capacità di tenermi testa; la natura selvaggia celata dietro il colletto inamidato delle sue camicie bianche; il modo in cui la sua risata fa il paio con la mia; lo stupore di bambino quando s'accorge di aver messo a segno una piccola vittoria in qualcosa che credeva non gli appartenesse; gli occhi tristi e le labbra piene; la sua fronte contro la mia fronte; le mani che trovavano, spontaneamente, la strada del mio piacere; le braccia forti con le quali mi stringeva contro il petto, come fossi un piccolo miracolo nel quale stentava a credere, e che forse pensava di non meritare."

Sottolineo come la lettura del di lei racconto storico scorra lieve e sensuale e trabocchi all'ultimo rigo.
Tuttavia torno a domandarmi come si possa vedere un'acuta intelligenza ove questa non sia; lo stupore di bambino - ed io sono un bambino che non ha dimenticato - ove questo stupore si sia dimostrato altrove; fino a che punto può giungere il delirio amoroso? E ogni volta il caleidoscopico poetico trasmigrare dei ricordi ad opera di quel piccolo anelito umano conosciuto come ragione.

martedì 10 settembre 2013

pastrufazianate italiane

Come matematico puro e letterato non posso non citare carlo emilio gadda, ed in particolare la sua (incompiuta) opera da lui stesso preferita, la cognizione del dolore. Ora non tutti sanno che esiste - o meglio esisteva - una edizione critica commentata con appendice di frammenti inediti a cura di emilio manzotti, edita da einaudi nella collana gli struzzi, 328 (1987). Come i promessi sposi versione scolastica, ogni passo del romanzo è sezionato,contestualizzato e commentato. Cinquecentosettantotto pagine capaci di sviscerare l'intera pastrufazianità recondita. Meraviglioso.
Disponibile in biblioteca. Ma il sottoscritto lo vuole nella sua personale biblioteca. Ed ecco la novità. Einaudi l'ha sbattuto fuori catalogo. E allora? Cercare tra i libri usati. Niente. Ebay tace,pure. Non riesco a crederci. E alla fine dove lo trovo? In america. Prezzo? Poco meno di cinque euro. Fantastico. Sì, edizione italiana usata in una libreria americana. Immediato acquisto tramite carta di credito dell'unica copia disponibile. Trovo delirante il fatto che un editore decente come einaudi abbia messo fuori catalogo una tale opera, senz'altro degna di nota per la scuola italiana. Che dire, pastrufazianate italiane. E sia. Foto versione consunta biblioteca.

Il tuo ordine è stato ricevuto

Gentile Fabio Montanari,
ti ringraziamo per aver acquistato su AbeBooks! Abbiamo ricevuto il tuo ordine e lo abbiamo inoltrato alla libreria indicata qui sotto.
Riceverai un'e-mail di notifica non appena la libreria confermerà la disponibilità dell'articolo.


Articoli di:Better World Books
Titolo:La cognizione del dolore (Gli Struzzi) (Italian Ed
Autore:Carlo Emilio Gadda
Prezzo:EUR 5,02
Descrizione del libro:Former Library book. Shows definite wear, and perhaps considerable marking on inside. 100% Money Back Guarantee. Shipped to over one million happy customers. Your purchase benefits world literacy!

Costi di spedizione:EUR 3,45

Importo ordine:EUR 8,47



nuovo sito audiolibri

Scartabellando alla ricerca di audiolibri free ho trovato il sito http://roby1968.altervista.org/ che in una apposita sezione ne raccoglie diversi, alcuni già noti al sottoscritto - ben recitati. Tra le novità, una nuova edizione del piccolo principe recitata da due voci meravigliose (almeno per il sottoscritto). Esiste tra le altre una riduzione recitata da Fabio Concato e Carlo Gargioni, anch'essa molto espressiva.
La sezione degli audiolibri la trovate all'indirizzo http://roby1968.altervista.org/page/audiolibri.htm
mentre il link alla prima sezione dell'audiolibro del piccolo principe direttamente su youtube è reperibile all'indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=DzoBl4GSAjY . Alcuni audiolibri sono riduzioni altri invece sono integrali e di pubblico dominio. Sotto, prima parte della cognizione del dolore di Gadda, da un progetto pubblico destinato alla radio. Sì, qualche volta in questo nostro paese culturalmente martoriato ci si imbatte in progetti educativi interessanti.




ferraris racconta proust


matematica sulle barricate

Poiché troppo spesso la matematica risulta ostica ai letterati (poeti,scrittori,artisti; ma numerosi sono anche gli scrittori famosi laureati in matematica, ad esempio raymond queneau) consiglio ai lettori che transitano questi due testi avvincenti e ben scritti. Nel primo è narrata l'avventurosa - e tragica - vita di un giovane matematico francese, fondatore dell'algebra moderna. Il secondo è un compendio di storia della matematica, in cui ogni capitolo è diviso in piccoli paragrafi che si preoccupano di delinare la nascita dei concetti riducendo al minimo i tecnicismi inutili. Il testo di storia della matematica è recensito anche in questo blog http://manuel91.wordpress.com/2011/07/29/storia-della-matematica-carl-b-boyer/ mentre la biografia di Galois è recensita in questo blog
 http://geraldine-wwwlibrinellarete.blogspot.it/2012/01/matematica-sulle-barricate.html




l'anarchismo bakuniano

Estratto dal testo di Gianfranco Ragona, Anarchismo - le idee e il movimento (pagg.33-39).
Leggendo Bakunin appare chiaro come anch'egli non avesse compreso che il sentimento intuitivo e libero dell'agire rivoluzionario non appartiene ai proletari - con qualunque categoria storica essi vengano identificati - ma ai bambini cresciuti che non hanno dimenticato.

"Con il russo Bakunin appare sulla scena politica europea la più celebre,ammirata e,non di meno,contestata figura dell'anarchismo di tutti i tempi. Benché la sua opera non sia affatto sistematica,egli fu in grado di donare all'anarchismo un contributo ineguagliato sul piano ideale e organizzativo. Grafomane ma inconcludente,organizzatore instancabile ma spesso confusionario,Bakunin era in grando di emanare un'aura affascinante e carismatica,il che gli consentì di disseminare seguaci in ogni paese d'europa,così come di guadagnarsi le attenzioni di molte polizie,non solo del continente. Queste rivaleggiarono con i suoi più creduli ammiratori nel dar credito all'esistenza di innumerevoli leghe segrete,pronte ad assaltare i centri del potere alla prima occasione favorevole,che il più delle volte scaturivano dalla fervida fantasia del loro ispiratore. Foga polemica e brama d'azione si concretarono in una messe di lettere,indirizzi politici,opuscoli,al cui centro si colloca la celebre opera Stato e anarchia (1873),una sintesi incompiuta ma efficace,composta negli anni della vecchiaia,della sua pur disordinata dottrina. Ribelle romantico,in fuga dalla madrepatria,Bakunin si formò sull'idealismo classico tedesco,che conferì alla sua meditazione una dimensione realistica,com'era del resto successo al suo antagonista Marx. In tardà età,avrebbe guardato con occhio benevolo ma ironico a questa fase della sua formazione: "Chi non ha vissuto quell'epoca non potrà mai capire quanto fosse forte il fascino di quel sistema filosofico negli anni trenta e quaranta. Si credeva che quell'assoluto ricercato da sempre fosse stato finalmente trovato e spiegato e che lo si potesse comprare a berlino all'ingrosso o al minuto" (Bakunin,1873) . Bakunin tentò sempre di sotrarre le sue aspirazioni rivoluzionarie alla presa della metafisica,reputata incapace di cogliere e afferrare la veravita degli individui associati e di preparare l'emanicipazione generalizzata e popolare. L'idea dell'insurrezione,tuttavia,assunse in lui i contorni dell'atto palingenetico,una vera e propria rigenerazione del mondo e dell'uomo. Egli pensava dalla rivoluzione come a un continuum,capace di unificare,per esempio,le vicende parigine del giugno 1848 alla comune del 1871,e con ciò recuperava la concezione proudhoniana della "rivoluzione permanente", più tardi accolta e sintetizzata acutamente dall'anarchico tedesco Gustav Landauer in forma perferzionata e limpida (Landauer,1907) [...]  Correva il 1842 quando scoprì che "l'impulso alla distruzione è anche un impulso creativo" (Bakunin,1842), sancendo precocemente quel nesso inestricabile tra demolizione del vecchio ordine edificazione del nuovo che non avrebbe mai più accantonato. In tutte le diverse stagioni che attraversò,sin dal periodo del panslavismo,di cui fu esponente di spicco soprattutto negli anni rivoluzionari del 1848-1849, si dimostrò convinto che fosse necessario azzerare le strutture della società esistente, facendo tabula rasa delle istituzioni politiche,sociali e morali che perpetuavano la servitù dei singoli e delle masse diseredate, al fine di edificare un ordine all'insegna della libertà. Del resto,col tempo,credette di scorgere direttamente nelle masse quella passione per la distruzione:certo,si trattava di una passione negativa,e pertanto da sola non avrebbe potuto elevarsi a prassi rivoluzionaria,ma senza una preliminare opera di pulizia sociale,senza una forma di "distruzione salutare e feconda", nessun mondo nuovo avrebbe mai visto la luce. La distruzione si configurava come condizione necessaria ma non sufficiente. Contestando avant le lettre l'adagio del "tanto peggio tanto meglio", che in seguito il senso comune avrebbe tante volte attribuito all'anarchismo,Bakunin non riteneva che l'aggravamento della miseria e la disperazione delle masse potessero costituire condizioni soggettive della rivoluzione,ma reputava che potessero suscitare lo spirito di rivolta indispensabile per la grande trasformazione. In definitiva, i concetti di distruzione e di creazione si mantennero sempre in equilibrio,senza che uno prendesse il primato sull'altro:la rivoluzione coincideva con la distruzione in atto, e per edificare necessitava di "organizzazione". L'organizzazione doveva accompagnare l'impegno collettivo verso l'anarchia perché la società ideale non sarebbe nata da sé,per volontà della storia o del progresso o della natura. Bakunin,però,avversava l'organizzazione partitica,accettando soltanto la strutturazione di gruppi ristretti incaricati di portare cultura alle masse diseredate, non per guidarle ma per indirizzare le forze che periodicamente si scatenavano in rivolte,spontanee e disordinate,senza imporre schemi predeterminati in nomedi presunte leggi di sviluppo stabilite da qualche testa d'uovo o dirigente di partito. Il partito,in fondo,rispecchiava in miniatura lo stato stesso,con tutte le sue alienazioni e l'imposizione alle masse della volontà dei dirigenti.
Un'altra prova della disponibilità bakuniana ad accettare il principio dell'organizzazione si ritrova nella continua polemica contro il militarismo,cui il russo contrapponeva le virtù della violenza rivoluzionaria,appunto organizzata:"Per lottare contro una simile belva selvaggia bisogna possedere un'altra belva non meno feroce ma più giusta:la rivolta del popolo,la rivoluzione sociale che,allo stesso modo della reazione militare,non risparmierà niente e nessuno" (Bakunin,1873). Dietro tale prospettiva si celava una visione sdoppiata del principio organizzativo, che appariva un bene se era popolare e procedeva dal basso, un male se favoriva il verticismo. Il che svelava la sconfinata e ingenua fiducia di Bakunin nel fatto che i sentimenti profondi dei popoli fossero realmente e spontaneamente coincidenti con i solenni valori di libertà,eguaglianza e fratellanza. Del resto,ammettendo il caso opposto,cioè se la fiducia nell'uomo e nell'umanità si fosse rivelata mal riposta,e i popoli,i contadini,i reietti avessero nascosto in sé violenza e ansia di sottomissione e sfruttamento dell'altro,oppure accettando semplicemente un'antropologia laica (per cui l'uomo non è in sé nè buono né malvagio), l'intero edificio teorico si sarebbe sgretolato come un castello costruito sulla sabbia. Tuttavia sul punto Bakunin non sembrò mai nutrire dubbi: l'aggressività e la malvagità albergavano nello stato,che cresceva all'aumentare del suo grado di perfezionamento (come nella germania di Bismark). I rivoluzionari anelavano alla libertà,non già al potere,che negli scritti di Bakunin venne sottoposto a critica in ogni sua manifestazione,dalla politica alla famiglia. Nel complesso della sua meditazione,infatti,risultava cruciale proprio la critica del potere in sé e per sé : "Queste sono le convinzioni dei socialisti rivoluzionari e per questo ci chiamano anarchici. Noi non protestiamo contro questa definizione,perché siamo realmente nemici di ogni autorità,perché sappiamo che il potere corrompe sia coloro che ne sono investiti sia coloro i quali devono soggiacervi. Sotto la sua nefasta influenza gli uni si trasformano in despoti ambiziosi e avidi, in sfruttatori della società in favore della propria persona o casta, gli altri in schiavi" (Bakunin,1873). [...] In aggiunta Bakunin attaccava gli intellettuali - un ceto solo apparentemente autonomo,in realtà un solido supporto del potere - e con essi contestava le scienze. Sul piano teorico, egli credeva fermamente che la natura precedesse sempre il pensiero, e quindi che non ci fosse alcuna necessità di una classe di scienziati incaricati di scoprirne le leggi di funzionamento obiettivo,per imporre poi alla società forme di governo dittatoriali legittimate per quella via. C'era in tali posizioni la ripulsa del positivismo,con il convincimento che nella spontanietà naturale dei popoli si potessero intravedere i contorni della futura organizzazione libertaria: l'ideale anarchico,in una parola, si trovava nel popolo,sicché la società ideale non sarebbe stata il frutto di alcuna operazione di ingegneria sociale,fosse pure all'insegna del più commovente umanitarismo,bensì l'esito della rinascita,della riscoperta di qualcosa che era profondamente radicato nello spirito dei popoli, assopito o conculcato,ma vivente e progressivo. Solo così,del resto,Bakunin poteva giustificare il rifiuto di ogni forma di elitismo che pretendesse di incarnare una presuntà volotnà generale: non di inventori aveva bisogno la rivoluzione sociale,bensì di sollecitatori; non di partiti,che riproducevano le dinamiche del potere per addrestrarsi a farsi stato,bensì di accompagnatori,capaci di risvegliare i popoli dando fuoco alle polveri della riscossa egualitaria e libertaria,in nome di valori e bisogni profondamente radicati nell'intimo di individui e gruppi asserviti a questo o quel potere artificiale. A differenza dei "marxisti", che - sosteneva - paventavano ogni rivolta che promanasse dal popolo,o da suoi settori specifici,in assenza della mediazione di un'elite di partito,gli anarchici facevano affidamento in special modo sui contadini,libertari "per natura". Il secondo piano su cui Bakunin svolse la sua polemica anti-intellettualistica era eminentemente politico. Osteggiando ogni ipotesi di rigenerazione sociale partorita dalla mente di qualche "chierico" isolato, e persuaso che la vita sociale del futuro non potesse essere indicata da nessuna scienza della società o della storia,l'attacco frontale alla pretesa dominatrice degli scienziati prendeva di mira il tanto avversato "socialismo scientifico": "Dalla sua stessa natura ogni scienziato è portato verso ogni sorta di perversione intellettuale e morale e suoi vizi capitali sono l'esagerazione delle proprie conoscenze,della propria intelligenza e il disprezzo di tutti coloro che non sanno" (Bakunin,1873). In parole come queste si può riconoscere la veemente critica del cosiddetto socialismo autoritario,argomentata anche con dichiarazioni antisemite,rivolte sia al socialista tedesco Ferdinand Lassalle sia a Marx. Il problema,naturalmente,riguardava lo stato:se il proletariato organizzato in partito avesse conquistato il potere,sopra chi avrebbe dominato? Marx avrebbe risposto:sui controrivoluzionari e sulle classi spodestate (aristocratici e borghesi); per Bakunin invece la scuola marxista non pensava al governo del proletariato,bensì al governo di una minoranza organizzata (il partito) che fatalmente avrebbe riproposto i meccanismo tradizionali del potere in forma subdola, perché ammantati dall'ideologia scientifica. Si sarebbe così creata una "aristrocrazia nuova", che avrebbe esercitato una dittatura permanente: del resto,pensava Bakunin,se lo stato fosse davvero popolare,perché sopprimerlo? Egli,perciò,si faceva beffe della dialettica mezzi-fini propagandata dal socialismo scientifico:"l'anarchia o la libertà sono il fine,lo stato o la dittatura sono il mezzo. E così per emancipare le masse popolari si dovrà prima di tutto soggiogarle" La dittatura, al contrario, non avrebbe mai condotto alla libertà, non avendo altro fino che la propria perpetuazione: "La libertà può essere creata solo dalla libertà ovvero dalla rivolta di tutto il popolo e dalla libera organizzazione delle masse dei lavoratori dal basso in alto" (Bakunin,1873).

lunedì 9 settembre 2013

libri dentro libri. L'intera ricerca di proust

Segnalo anche il volume della newton compton che raccoglie l'intera ricerca di proust. Trovato con lo sconto del 25% sul prezzo di copertina ,ventiquattro euro e novanta centesimi. Duemilacinquecentotrenta pagine comprese di note introduttive e apparto critico. Niente male.



libri pieni di libri

Alle volte capita di trovare raccolte intere di un interessante autore italiano. Con pochi euro (se siete fortunati potete trovare in qualche bancarella le vecchie edizioni ancora quotate in lire italiane, con un cospicuo risparmio in vista del passaggio all'euro) potete acquistare l'intera opera di leopardi,verga,svevo,machiavelli ed altri. Non necessitando di traduzione, disponete del testo nudo e crudo - talvolta accompagnato da alcune note critiche introduttive.  Ad esempio la raccolta di svevo conta 1014 pagine per l'irrisoria cifra - pre euro - di novemilanovecentolire. Per chi ancora naviga tra le bancarelle e l'usato, una ghiotta opportunità. I volumi sono stati tutti ripubblicati nella nuova collana " i mammut - grandi tascabili economici newton" ovviamente con prezzo traslato in euro, comunque ancora conveniente rispetto alle molte altre edizioni separate.


domenica 8 settembre 2013

perché? anna frank

Ancora un racconto tratto dalla raccolta di cui al post precedente.  Mai un euro è stato speso sì bene.

perché

"Perché? ...è una parola che sin da quando ero piccina,ha sempre avuto per me una grande importanza. I bambini si sa,vogliono far continuamente domande su tutto,tutto è nuovo e sconosciuto per loro, e lo stesso succedeva anche a me. Quando fui più grande,non potevo,neppure allora,resistere alla tentazione di chiedere ogni sorta di spiegazione,anche quelle troppo difficili da poter dare. Dopo tutto non c'era un gran male, e i miei genitori cercavano sempre di appagare la mia curiosità. I guai cominciarono quando presi a tormentare anche gli estranei,e c'è gente che non può sopportare i ragazzi che non si chetan mai e finiscono,qualche volta,per diventar delle vere seccature. Dice un proverbio:Chi non domanda, non sa. Se fosse vero,io,a quest'ora,dovrei essere un pozzo di scienza. Mano a mano che crescevo,mi rendevo conto che ci sono molti perché? ai quali gli altri non possono rispondere. E,cercando di risolverli da me,feci una scoperta importante:alle domande troppo difficili per gli altri,possiamo trovare la risposta noi stessi.Così questa famosa parola perché? mi insegnò non solamente a cercar di sapere,a sforzarmi di capire,ma anche a pensare. C'è anche un'altra osservazione da fare:che cosa avverrebbe se,prima di agire,ci domandassimo ,sempre,perché? ..Io credo che questo ci aiuterebbe ad essere onesti,ci renderebbe buoni,molto più buoni. La via migliore per diventarlo è proprio quella di fare continuamente l'esame di noi stessi. Certo né a grandi né a piccini fa piacere di riconoscere i propri difetti,di confessarsi gli aspetti peggiori del proprio carattere,e tutti ne abbiamo. Si pensa,in generale,che i genitori abbiano il dovere di plasmare,a modo loro,il carattere dei figli; ma invece i figli debbono migliorarsi da se stessi. Non si tratta di idee strampalate,come potrebbero sembrare a prima vista. Anche un bambino,per piccolo che sia,possiede la sua personalità,una sua coscienza,e dovrebbe essere educato a rendersi conto che sarà proprio questa a punirlo - e severamente - se egli lo avrà meritato. Castigare un ragazzo di quattordici o quindici anni,diventa ridicolo:non è con gli scapaccioni e le punizioni - anche quelle dei genitori - che si possono ottenere buoni risultati; bisogna ragionare,dimostrare dove sta il torto,l'errore. La conclusione è che,secondo me,questa parola perché? ha una enorme importanza,non solo nella vita di ogni bambino,ma anche in quella di ogni individuo. Il proverbio: Chi non domanda,non sa, è vero:chi vuol sapere deve pensare. E pensare non ha mai fatto male a nessuno,anzi ha sempre fatto un gran bene a tutti."

sabato 7 settembre 2013

anna frank

Il mio amico vegano mi ha finalmente portato in una interessante libreria anarchica di bologna, info shop in via mascarella. Posto delizioso con annesso bar pub pure anarchico. Poltrone comode dentro e spazio tavoli fuori per concedersi riposo e lettura critica. Ho acquistato due libri a cui dedicherò recensione in futuro. Poco prima avevo acquistato altri due libri, presso altra libreria, ad un euro ciascuno. Si tratta di alcuni racconti di anna frank e di un saggio di nicoletta cavazza, comunicazione e persuasione (collana farsi un'idea, ed. il mulino - prezzo 7.23 euro). Pochi conoscono i racconti di anna frank mentre il suo diario è ampiamente divulgato. Per questo propongo sotto il racconto "dare" estratto dalla raccolta (il testo è del 1960, introvabile; universale cappelli, #50. Anna frank, il saggio mago e altri racconti). Leggere e meditare per non dimenticare. Anche questo è anna frank. Superfluo ricordare come certa scrittura si riveli anzitempo profetica - le di lei parole: "chiunque lo diverrebbe, se fosse trattato più da bestia che da essere umano". E per finire scopro su un altro blog, http://ilfunambulo.blogspot.it/2007/12/il-saggio-mago-e-altri-racconti-anna.html, la recensione dello stesso testo, quasi sei anni fa. Anche questo è molto taoista.

Dare

"Mi domando se chi abita in case comode e ben riscaldate, si sia mai fatta una idea di ciò che voglia dire essere un mendicante. Certa "brava gente" si è mai domandata come vivono i poveri - grandi e piccoli - di questo mondo? Va bene,tutti,l'elemosina a chi ne ha bisogno la facciamo,ma è un'elemosina frettolosa, una moneta messa in mano alla lesta..e si chiude subito la porta in faccia a chi l'ha chiesta. Il peggio è che il..generoso donatore rabbrividisce,il più delle volte,a dover toccare una mano tanto sporca. E' vero o no? E allora,perché ci meravigliamo che i poveri diventino duri,scortesi? Chiunque lo diverrebbe,se fosse trattato più da bestia che da essere umano. E' vergognoso che questo possa accadere in paesi che si vantano di essere colti, civilizzati. Una gran parte di coloro che hanno quattrini, pensa che un mendicante sia un essere spregevole,sudicio,scontroso,incivile. Ma si è chiesta,questa gente,come mai quegli infelici sono diventati così? Fate un confronto tra i vostri e i loro figli:in fondo,che differenza c'è? I vostri bambini sono lindi,puliti, e ordinati; quegli altri sporchi e trascurati. Tutto qui? Sì, tutto qui:la differenza è soltanto questa. Se i figli dei poveri avessero dei bei vestitini e avessero imparato le buone maniere,non ci sarebbe nessuna differenza. Tutti siamo nati innocenti e deboli,tutti respiriamo la stessa aria,molti abbiamo anche fede nello stesso Dio. Eppure, la differenza può diventare così grande,proprio perché tanta gente non si è mai resa conto di quel che sia tale differenza e in che cosa essa realmente consista. Se lo avesse capito,avrebbe scoperto che la differenza non esiste. Tutti siamo nati uguali,tutti dobbiamo morire,nulla resta delle ricchezze,della gloria,del potere: tutto è transitorio. Perché allora la gente si aggrappa tanto disperatamente a questi beni terreni? E perché coloro che hanno molto di più di quello che ad essi abbisogna,non danno il superfluo ai loro fratelli? Perché per qualcuno la vita deve essere così dura? E prima di tutto,se doniamo qualcosa,doniamola con gentilezza,non buttandola in faccia agli altri:tutti hanno diritto ad una buona parola. Perché si deve essere più cortesi con una signora che con una povera donna? Chi ha stabilito che debbano essere diverse? La vera grandezza di una persona non consiste nella sua ricchezza o nella sua potenza,ma nel suo carattere e nella sua bontà. Ciascuno di noi è un essere umano,con i suoi difetti e le sue manchevolezze,ma tutti siamo nati con una buona dose di bontà. Non c'è bisogno di essere ricchi per far del bene,per incoraggiare,invece di soffocare,il buono che c'è in ciascuno di noi,per dare ai poveri la sensazione di essere,anch'essi,degli essere umani. In tutto si può cominciare dalle piccole cose:per esempio,in tram,non vi alzate solo per cedere il posto a una elegante signora,ma fatelo anche per una donna mal vestita; scusatevi con premura anche se pestate i piedi ad un poveraccio. L'esempio è sempre seguito:cercate di essere voi a dare il buon esempio e vedrete che gli altri vi imiteranno. Un po' alla volta,il numero delle persone che diventeranno affabili,gentili,amichevoli,crescerà,sino a che la povera gente non sarà più guardata dall'alto in basso. Oh,se potessimo esser già arrivati a questo punto, se il nostro paese,l'Europa,il mondo intero avesse compreso che,in sostanza,tutti abbiamo in noi dei sentimenti buoni e generosi l'uno verso l'altro,tutti siamo uguali e che ogni altra cosa è solo passeggera. Che soddisfazione pensare che non abbiamo alcun bisogno di aspettare,che tutti possiamo subito cominciare a cercare di cambiare il mondo,un pochino per volta! ...che ciascuno di noi,grande o piccolo,può contribuire immediatamente a diffondere un po' di giustizia. La maggior parte di noi,proprio come in tante altre cose,cerca la giustizia dagli altri,e si lamente perchè crede di non riceverne abbastanza. Aprite gli occhi:assicuratevi di esere giusti voi stessi. Date, date quanto potete, e potete sempre dar qualcosa,non foss'altro che gentilezza. Se tutti facessero così,se nessuno fosse avaro di una buona parola,ci sarebbe,a questo mondo,più giustizia e più amore. Date e riceverete:molto di più di quello che vi possiate immaginare. Date,date ancora,non vi scoraggiate,continuate a dare..Nessuno è mai diventato povero per aver dato. Se lo farete,fra qualche generazione nessuno dovrà provar compassione per i bimbi dei poveri,perchè di gente povera non ce ne sarà più. C'è posto per tutti a questo mondo, c'è danaro per tutti,ricchezza per tutti,cose belle per tutti. Dio ci ha dato quanto basta per tutti: siamo noi che dobbiamo cominciare dividercelo con giustizia."

(Chiaro il concetto?)