lunedì 30 aprile 2012

pazienza

Tanti anni fa per giocare ad un videogioco si doveva attendere un certo intervallo di tempo, tipicamente due minuti, durante il quale una quarantina di kbytes venivano trasferiti nella memoria del piccolo calcolatore dal supporto magnetico costituito da una comune audiocassetta. Esistono per linux diversi emulatori per quel piccolo gioiellino che è stato il microcalcolatore zx spectrum sinclair (in competizione con il commodore 64) ad esempio spectemu oppure fuse.
Cosa questo ha a che fare con la pazienza? Ispezionando forum per risolvere un problemino audio con spectemu (can't access /dev/dsp:no such file or directory) ho trovato questo quadrettino divertente:

"
Biggus
November 17th, 2006, 07:34 PM
Dude, I think the command you are looking for is xspect.

I'm trying to 'load up' an ancient old game called 'Chaos', and I've used

xspect -tzx Chaos.tzx

tzx is an option whereby you specify the type of tape image (or disk if you were posh enough to have a +3)

xspect -help gives you more options.

:D

Oh, and incidentaly, don't use .tzx files, they take an eternity to load, I'm currently getting the bleeeee-sccrshhhhhhhhh bleeee-schreeeeeeeeeee thing happening for a good couple of minutes."
 
Interessante quel "Oh..they take an eternity to load.." come dire che "a good couple of minutes" sono un'eternità. Spero sia solo un ragazzino idiota ché altrimenti il problema è davvero serio. Tutto e subito altrimenti dannazione eterna.. poveri noi..

domenica 29 aprile 2012

transfert in ambito psicoanalitico - 1

Estratto significativo sul concetto di transfert nell'ambito psicoanalitico (www.centrostudiariosto.it/documenti/93.pdf)

"[...] Può essere utile concludere questo capitolo riassumendo e commentando i vari significati con cui viene usato il termine “transfert”:
1. per includere quella che abbiamo descritto come alleanza terapeutica;
2. per indicare l’emergere di sentimenti e comportamenti infantili sotto una nuova forma,essenzialmente una ripetizione mascherata del passato, ora rivolti verso l’analista, seguendo la descrizione di Freud;
3. per includere “il transfert di difesa” e le “esternalizzazioni” delle istanze psichiche descritti da Anna Freud;
4. per comprendere tutti i pensieri, gli atteggiamenti, le fantasie e le emozioni “inappropriati” che sono reviviscenze del passato e che il paziente può dispiegare (che ne sia conscio o meno) nei confronti dell’analista; ciò comprenderebbe cose come le iniziali ansie “irrazionali” del paziente circa il
dover andare in terapia e particolari atteggiamenti verso le persone che sono caratteristiche della sua personalità, e che si mostrano anche nei confronti dell’analista;
5. per riferirsi all’esternalizzazione di relazioni oggettuali interne attuali, che influenzano di conseguenza la percezione che il paziente ha dell’analista. Ciò comprende la varietà di meccanismi inclusi sotto la voce “identificazione proiettiva”;
6. per comprendere tutti gli aspetti della relazione del paziente con l’analista: questo modo di vedere il transfert considera tutti gli aspetti del coinvolgimento del paziente con l’analista come una ripetizione delle relazioni passate (solitamente le più precoci); in effetti, ogni comunicazione o
espressione verbale o non verbale del paziente durante l’analisi può essere considerata transfert; gli analisti che hanno questa concezione del transfert ritengono che tutte le associazioni del paziente si riferiscono a qualche pensiero o sentimento sull’analista.



L’ uso così allargato del concetto, per cui ogni comunicazione e ogni comportamento all’interno del setting psicoanalitico viene considerato come transfert, toglie ogni valore al concetto quando lo si voglia estendere al di fuori del trattamento psicoanalitico, perché ne conseguirebbe che ogni comportamento e ogni relazione possono essere descritti come transfert e considerarsi quindi come una ripetizione delle relazioni passate. Se è vero che certi aspetti delle reazioni passate e anche delle esperienze infantili tenderanno a ripetersi nel presente in ogni sorta di situazione e relazione, e che la realtà presente tenderà sempre ad essere percepita in una certa misura nei termini
del passato, ci sono anche dei fattori che si oppongono a questa distorsione. Per esempio, nei normali rapporti umani, la persona verso la quale è diretto il transfert spesso agisce in modo da correggere la percezione transferale distorta che si è creata: essa può acconsentire o meno ad assumere il ruolo transferale che le è stato imposto. Invece, sembra probabile che la relativa mancanza di possibilità di “testare” la realtà nella situazione di terapia psicoanalitica
permetta alle distorsioni transferali di svilupparsi rapidamente e di essere riconosciute molto chiaramente. L’analista, da un lato, offre una possibilità di sviluppo alle distorsioni transferali, evitando un feedback di realtà che corregga l’errata percezione del paziente e, dall’altro, non accetta il ruolo in cui tende a costringerlo il transfert del paziente, consentendo così l’esame dei fattori
irrazionali che hanno determinato il transfert. Sulla base di un esame del materiale psicoanalitico infantile, Sandler e al.(1969) rifiutano la
nozione che tutto il materiale del paziente possa essere considerato transfert e sottolineano, invece, che proprio il concetto di transfert come fenomeno unitario o “unidimensionale” può impedire la comprensione di ciò che sta accadendo nella relazione tra il paziente e il suo analista. Essi suggeriscono che l’analista non dovrebbe pensare esclusivamente a distinguere ciò che è transfert
da ciò che non lo è, ma dovrebbe piuttosto capire i diversi aspetti della relazione man mano che essi appaiono nell’ analisi, in particolare quelli diretti verso la persona dell’analista. Si sostiene cioè che per capire il concetto clinico di transfert bisogna studiare le relazioni in generale. Il transfert è una manifestazione clinica particolare delle diverse componenti delle normali relazioni. Gli autori sottolineano che il particolare carattere della situazione psicoanalitica può facilitare la comparsa di particolari aspetti delle relazioni, soprattutto aspetti di relazioni passate, ma anche che è della
massima importanza operare delle distinzioni all’interno di questi vari elementi, anziché considerare tutti gli aspetti della relazione paziente-analista come una ripetizione di relazioni passate con figure significative.
Sembra dunque importante fare una distinzione tra la tendenza generale a ripetere nel presente rapporti passati (per es. come si può osservare in persistenti tratti di carattere quali il “bisogno di attenzione”, l’”atteggiamento provocatorio”, l’”intolleranza verso l’autorità” eccetera) e
un processo caratterizzato dallo sviluppo di sentimenti e atteggiamenti diretti verso un’altra persona (o un’istituzione) che rappresenta il concentrato di atteggiamenti o sentimenti, inappropriati per il presente, e diretti in modo del tutto specifico verso l’altra persona o l’istituzione. In questa prospettiva, le angoscie che il paziente può provare nell’iniziare il trattamento non debbono
necessariamente essere considerate come transfert, pur potendo essere una ripetizione di qualche importante esperienza precedente. D’altro canto, un paziente che è stato in trattamento per un certo periodo di tempo può sviluppare sentimenti di paura all’idea di continuarlo – paura che ora è ritenuta o sentita dal paziente come una funzione delle specifiche caratteristiche del terapeuta, anche se la realtà può fornire ben scarso fondamento per queste sue convinzioni e sentimenti di transfert. In questo senso, il transfert può essere considerato come un’illusione specifica che si sviluppa nei riguardi dell’altra persona e che, all’insaputa del soggetto, rappresenta, in certi suoi aspetti, una ripetizione di un rapporto verso un’importante figura del passato o un’esternalizzazione di una
relazione oggettuale interna. Va sottolineato che il paziente sperimenta tutto ciò come se fosse strettamente appropriato alla situazione presente e alla persona in questione. Schafer (1977) ha fatto un interessante commento sulla relazione tra passato e presente nel transfert: "I fenomeni transferali che alla fine costituiscono la nevrosi di transferi devono essere considerati regressivi
solo per alcuni aspetti. E’ così perché, visti come conquiste dell’analisi, non sono mai esistiti prima in quanto tali; piuttosto,costituiscono una creazione ottenuta attraverso una nuova relazione iniziata per un disegno conscio e razionale....Sembra più appropriato o equilibrato considerare i fenomeni transferali come aventi un significato multidirezionale piuttosto che vederli come fenomeni semplicemente regressivi o ripetitivi. Ciò significherebbe guardarli in modo analogo al modo in cui guardiamo opere d’arte creative.
Vedremmo che i transfert creano il passato nel presente, in un particolare modo analitico e in condizioni favorevoli. In sostanza, essi rappresentano un progresso, non un regresso."
Va aggiunto che il transfert non deve essere per forza limitato alla percezione illusoria di un’altra persona, ma comprende i tentativi inconsci (e spesso sottili) di manipolare o provocare delle situazioni relazionali con altre persone che sono ripetizioni mascherate di precedenti
esperienze e relazioni, o l’esternalizzazione di una relazione oggettuale interna. E’ stato sottolineato prima che quando queste manipolazioni o provocazioni transferali avvengono nella vita comune, la persona verso la quale sono dirette può mostrare di non accettare il ruolo o, se è predisposta in quel senso, di fatto accettarlo e comportarsi di conseguenza. E’ probabile che accettare o rifiutare un ruolo non dipenda dalla consapevolezza conscia di ciò che accade, ma, piuttosto, da indizi inconsci.Gli elementi transferali fanno parte in varia misura di ogni relazione, e questa (per es. la scelta del coniuge o del datore di lavoro) è spesso determinata da alcune caratteristiche dell’altra persona, che
presenta qualche attributo di un’importante figura del passato.E’ utile differenziare gli elementi transferali da quelli non transferali, anziché etichettare
tutti gli elementi della relazione (che nascono dal paziente) come transfert. Ciò può portare ad una maggiore precisione nel definire gli elementi clinicamente importanti in tutta una serie di situazioni,
aiutando meglio ad elucidare i rispettivi ruoli giocati dai molti fattori che entrano a far parte dell’interazione tra paziente e terapeuta."

martedì 24 aprile 2012

io non ho paura ^_^

Video suggerito da Lu. E' proprio vero più ti stringo e più avrei voglia di stringerti. Perché noi nonostante tutto ci vogliamo bene davvero.



psicodramma analitico e..sanità mentale

Nei testi di psicologia clinica raramente ho incontrato definizioni interessanti in merito alla sanità o equilibrio mentale di un individuo; quando presenti risultano quantomeno costruite ad hoc in seno ad una particolare teoria della mente (cui fa riferimento ovviamente la scuola psicoanalitica relativa). Vediamo una definizione in un testo recente di psicologia clinica relativo al concetto di psicodramma analitico.

"Lo psicodramma analitico sembra essere una tecnica assai efficace per curare molte patologie da quelle più lievi a quelle più gravi. Vediamo perché. Nel mio lavoro clinico cerco di enfatizzare il senso del funzionamento complesso del "Sé". Mi sono convinto che il sistema psicodinamico delle emozioni possa essere visualizzabile immaginando metaforicamente piani teatrali nei quali alcuni personaggi aggluminati tra loro (Bleger) dialogano con l'Ego. Tali personaggi sono a loro volta costituiti dai vari interlocutori emotivamente significativi che il soggetto ha incontrato in precedenza,cioè dalle esperienze più arcaiche a quelle più recenti. Le immagini mentali dei personaggi occupano uno spazio emotivo e psichico sulla base dell'importanza e,in questo modo,influenzano l'Io. L'istanza dell'Ego va concepita come una metafora derivante dall'estendibilità psichica del sistema nerovoso centrale,nel suo funzionamento superiore psicoemotivo che genera lo psichismo. Tale punto di vista suggerisce,per quanto riguarda il lavoro dello psicodramma psicodinamico, che ogni sintomo sia riconducibile a manifestazioni di complessi e antichi incontri, o contatti che si suppone siano la causa e la base della stessa patologia. Mi riferisco all'egosintonia, per cui l'Ego simbiotico e fusionale di fronte a certi eventi non è in grado di funzionare nel reale,cioè nel contesto teatrale attuale. La psicoanalisi,ma in particolare lo psicodramma psicoanalitico,offre uno spazio transizionale integrativo tra il passato e il presente-futuro e dovrebbe gestire,in un breve-lungo continuum,parti del Sé mal funzionanti o congelate. Certi fantasmi sono,dunque,incistati e nascosti all'interno di uno o più teatri affettivi del Sé. Con la metafora del Sé intendo l'immagine soggettiva e complessiva del Me. All'origine esso trae il proprio nucleo dall'auto-riconoscimento allo specchio e,in seguito,si rafforza con il feedback che l'interazione psicosociale (gratificante/frustrante), può restituire. Mi sembra utile rappresentare il Sé come una sorta di struttura somatopsichica complessa che non corrisponde all'Ego, lo sottende. L'Ego, come un regista organizza e crea progetti. Paragono il Sé come a una struttura come se fosse un edificio all'interno del quale sarebbero impresse epoche situazionali,sorte anche nel tempo di un flash,sino ad alcuni anni.Tali situazioni, che funzionano come contesti e set teatrali,ospitano a livello psichico personaggi che agiscono,anche nella persona non patologica,come voci interne che hanno il potere di influenzare l'Ego. Tali dialoghi derivanti dai vari personaggi suggeriscono azioni,sgridano,assolvono,gettano  in stato di vergogna,creano amarezza,insomma bersagliano l'Ego con tutte le emozioni,tutte quelle che si sono attivate e che derivano dall'impatto con gli interlocutori significativi introiettati. All'inizio della vita,però,tali contatti non sono ancora mentalizzabili dall'apparato mentale,e tanto meo da questo elaborabili. Con la nascita,la sensorialità rimane impressa nella memoria implicita (nell'amigdala che abita nel sistema limbico,l'area sinistra del mesencefalo deputata agli affetti). Alcuni incontri con sensazioni vive,sollecitate anche dai neuroni specchio che attivano empaticamente le identificazioni introiettive e proiettive delle emozioni,non sono mai state rimosse,proprio perché non sono mai state memorizzate a livello cognitivo. Sostengo,quindi,che i personaggi psichici assimilati rappresentino il risultato mediato e accomodato (vedi Piaget) di una somma di esperienze sensoriali e,in un secondo tempo,di incontri significativi fino a quando divengono pensabili. Tale concetto non è lontano da quanto suggerisce Bion a proposito del bambino quando sperimenta una preconcezione insatura e cerca l'incontro con il seno;ciononostante,penso che gli incontri significativi del bambino si rivelino molteplici assai prima dell'incontro con il seno. Per Bion il seno, o il suo sostituto,genera la realizzazione di un primo Sé primitivo. Ipotizzo che il Sé,in seguito,sia destinato a rafforzarsi grazie all'autoriconoscimento allo specchio (vedi Lacan), e anche in virtù dei successivi importanti incontri con situazioni e feedback psicosociali. All'interno dei vari piani teatrali della mente,ogni fantasia,pensiero,scelta,azione può generare conflittualità o richiedere applicazione dialogica ogni qualvolta alcuni specifici contesti affettivi appaiano prioritari nel nostro mondo interno. Se tale mediazione non avvenisse,saremmo intossicati dai fantasmi che,per esempio nella mente degli psicotici,occupano nettamente lo spazio interno. Nella persona sufficientemente sana le fantasie prevalgono sui fantasmi che scorrono in quasi tutti i settori della mente"

Si noti come si utilizzi l'avverbo "sufficientemente" e la presenza viscosa dello specchio come generatore e catalizzatore. Chissà quante volte da bambino mi sono riconosciuto allo specchio. Lo specchio non mi convince,infine.

"Alcuni piani affettivi,che corrispondono ad altrettanti teatri affettivi,dei quali il Sé è costituito,sono organizzati attorno ad alcuni stimoli-guida. Questi stimoli sensoriali di natura puntiforme (Bick),promuoveranno sensorialità riguardante odori,sapori,luminosità,coloritura,sensazioni termodinamiche,di natura propriocettive,stati di secchezza-umidità,caldo-freddo,stati sensoriali di tipo gelatinoso,solido,morbido,soffice,duro,aspro,graffiante,pungente ecc.,a quelle sensazioni già di qualità psichica buono-cattivo,generoso-egoista,pavido-coraggioso. Il tempo consentirà al cervello,le cui vie nervose a quel punto saranno mielinizzate [sic],di far funzionare la mente come apparato per pensar. In altre parole, a quel punto la mente è in grado di intervenire per aiutare il corpo,che appesantito da stimoli stressanti,tenderebbe ad ammalarsi o a ecclissarsi come corporeità inesistente (vedi Ferrari,L'eclissi del corpo). La mente interviene,allora,per elaborare situazioni più o meno traumatiche,o comunque intossicanti per l'organismo. A questo punto,si può rafforzare l'Ego,alimentando un circolo virtuoso,attraverso l'operare psichico del sistema nervoso centrale che svolge funzioni adatte all'organismo a seconda delle proprie capacità. Penso che il psicodramma psicoanalitico sia un eccellente strumento,che si svolge all'interno di uno spazio tempo circoscritto che attualizza in concreto eventi del passato nel qui e ora delle sedute. La tecnica è in grado di promuovere con successo l'elaborazione dei fantasmi trasformandoli in fantasie nutritive. Accedendo,anche mediante il transfert,ai personaggi perversi,distruttivi introiettati,quelli che influenzano l'Ego,lo psicodramma analitico non deve puntare alla consapevolezza,alla coscienza,al passaggio dall'inconscio al conscio,dall'Es irrazionale all'Io razionale,al Super-Io morale,ma soltanto alla metabolizzazione delle esperienze,nelle quali i fantasmi predominano nel Sé e bloccano le alternative del pensiero,la libertà di questo e la sua creatività [...] La consapevolezza, di per sé, non porta ad alcun miglioramento effettivo,caso mai può aiutare ad occuparsi in seguito di se stessi. Al soggetto può essere interdetto il sentire,anche quando sarebbe opportuno cambiare con alternative che propongano l'ascolto dei propri desideri autentici. Essere consapevoli può fare imboccare la via dell'intellettualizzazione e della razionalizzazione,non a costruire un processo clinicamente migliorativo. I colleghi che adottassero,senza accorgersi,la strategia di  cura basata sull'intento che mira alla semplice consapevolezza,pur evidenziano nei pazienti aspetti reali,rischierebbero quel che i chirurghi rischiano quando riferiscono che l'intervento si è svolto perfettamente, ma il malato è inaspettatamente deceduto. Penso che lo psicoterapeuta analitico dovrebbe,invece,funzionare accettando di stare nella posizione di quel personaggio al quale il paziente stesso lo designa nell'interpretare la scena del suo transfert,con l'opzione di creare possibili e graduali alternative costruttive. Tale atto di cura mira a promuovere un dialogo alternativo al copione rigido del passato del paziente,al fine di trasformare i bisogni onnipotenti e urgenti in una condizione di spazio di ascolto nel quale si armonizzano e si recuperano gli autentici desideri. Il paziente dovrebbe avvicinarsi alla posizione di chi governa il reale considerando la propria vita come unica e,per quanto longeva,limitata,perché solo all'interno di un tempo definito è possibile realizzare i propri desideri [...]"

Al lavoro con lo psicodramma psicoanalitico
dalla pratica del "gioco" alla formazione ed educazione del gruppo
a cura di Roberto Pani,Cinzia Carnevali
pagg. 7-9

Il corvo di Poe

Edgar Pöe
Il Corvo

Traduzione di Antonio Bruno

I.
Una volta in una fosca mezzanotte, mentre io meditavo, debole e stanco,
sopra alcuni bizzarri e strani volumi d'una scienza dimenticata;
mentre io chinavo la testa, quasi sonnecchiando - d'un tratto, sentii un colpo leggero,
come di qualcuno che leggermente picchiasse - pichiasse alla porta della mia camera.
-- « È qualche visitatore - mormorai - che batte alla porta della mia camera » --
Questo soltanto, e nulla più.
II.
Ah! distintamente ricordo; era nel fosco Dicembre,
e ciascun tizzo moribondo proiettava il suo fantasma sul pavimento.
Febbrilmente desideravo il mattino: invano avevo tentato di trarre
dai miei libri un sollievo al dolore - al dolore per la mia perduta Eleonora,
e che nessuno chiamerà in terra - mai più.
III.
E il serico triste fruscio di ciascuna cortina purpurea,
facendomi trasalire - mi riempiva di tenori fantastici, mai provati prima,
sicchè, in quell'istante, per calmare i battiti del mio cuore, io andava ripetendo:
« È qualche visitatore, che chiede supplicando d'entrare, alla porta della mia stanza.
« Qualche tardivo visitatore, che supplica d'entrare alla porta della mia stanza;
è questo soltanto, e nulla più ».
IV.
Subitamente la mia anima divenne forte; e non esitando più a lungo:
« Signore - dissi - o Signora, veramente io imploro il vostro perdono;
« ma il fatto è che io sonnecchiavo: e voi picchiaste sì leggermente,
« e voi sì lievemente bussaste - bussaste alla porta della mia camera,
« che io ero poco sicuro d'avervi udito ». E a questo punto, aprii intieramente la porta.
Vi era solo la tenebra, e nulla più.
V.
Scrutando in quella profonda oscurità, rimasi a lungo, stupito impaurito
sospettoso, sognando sogni, che nessun mortale mai ha osato sognare;
ma il silenzio rimase intatto, e l'oscurità non diede nessun segno di vita;
e l'unica parola detta colà fu la sussurrata parola «Eleonora!»
Soltanto questo, e nulla più.
VI.
Ritornando nella camera, con tutta la mia anima in fiamme;
ben presto udii di nuovo battere, un poco più forte di prima.
« Certamente - dissi - certamente è qualche cosa al graticcio della mia finestra ».
Io debbo vedere, perciò, cosa sia, e esplorare questo mistero.
È certo il vento, e nulla più.
VII.
Quindi io spalancai l'imposta; e con molta civetteria, agitando le ali,
si avanzò un maestoso corvo dei santi giorni d'altri tempi;
egli non fece la menoma riverenza; non esitò, nè ristette un istante
ma con aria di Lord o di Lady, si appollaiò sulla porta della mia camera,
s'appollaiò, e s'installò - e nulla più.
VIII.
Allora, quest'uccello d'ebano, inducendo la mia triste fantasia a sorridere,
con la grave e severa dignità del suo aspetto:
« Sebbene il tuo ciuffo sia tagliato e raso - io dissi - tu non sei certo un vile,
« orrido, torvo e antico corvo errante lontanto dalle spiagge della Notte
« dimmi qual'è il tuo nome signorile sulle spiagge avernali della Notte! »
Disse il corvo: « Mai più ». (1)
(1) In inglese è «no more» che ha molto del gracchiare del corvo.
IX.
Mi meravigliai molto udendo parlare sì chiaramente questo sgraziato uccello,
sebbene la sua risposta fosse poco sensata - fosse poco a proposito;
poichè non possiamo fare a meno d'ammettere, che nessuna vivente creatura umana,
mai, finora, fu beata dalla visione d'un uccello sulla porta della sua camera,
con un nome siffatto: « Mai più ».
X.
Ma il corvo, appollaiato solitario sul placido busto, profferì solamente
quest'unica parola, come se la sua anima in quest'unica parola avesse effusa.
Niente di nuovo egli pronunziò - nessuna penna egli agitò -
finchè in tono appena più forte di un murmure, io dissi: « Altri amici mi hanno già abbandonato,
domani anch'esso mi lascerà, come le mie speranze, che mi hanno già abbandonato ».
Allora, l'uccello disse: « Mai più ».
XI.
Trasalendo, perchè il silenzio veniva rotto da una risposta sì giusta:
« Senza dubbio - io dissi - ciò ch'egli pronunzia è tutto il suo sapere e la sua ricchezza,
« presi da qualche infelice padrone, che la spietata sciagura
« perseguì sempre più rapida, finchè le sue canzoni ebbero un solo ritornello,
« finchè i canti funebri della sua Speranza ebbero il malinconico ritornello:
« Mai, - mai più ».
XII.
Ma il corvo inducendo ancora tutta la mia triste anima al sorriso,
subito volsi una sedia con ricchi cuscini di fronte all'uccello, al busto e alla porta;
quindi, affondandomi nel velluto, mi misi a concatenare
fantasia a fantasia, pensando che cosa questo sinistro uccello d'altri tempi,
che cosa questo torvo sgraziato orrido scarno e sinistro uccello d'altri tempi
intendea significare gracchiando: « Mai più ».
XIII.
Così sedevo, immerso a congetturare, senza rivolgere una sillaba
all'uccello, i cui occhi infuocati ardevano ora nell'intimo del mio petto;
io sedeva pronosticando su ciò e su altro ancora, con la testa reclinata adagio
sulla fodera di velluto del cuscino su cui la lampada guardava fissamente;
ma la cui fodera di velluto viola, che la lampada guarda fissamente
Ella non premerà, ah! - mai più!
XIV.
Allora mi parve che l'aria si facesse più densa, profumata da un incensiere invisibile,
agiato da Serafini, i cui morbidi passi tintinnavano sul soffice pavimento,
- « Disgraziato! - esclamai - il tuo Dio per mezzo di questi angeli ti à inviato
« il sollievo - il sollievo e il nepente per le tue memorie di Eleonora!
« Tracanna, oh! tracanna questo dolce nepente, e dimentica la perduta Eleonora!
Disse il corvo: « Mai più ».
XV.
- « Profeta - io dissi - creatura del male! - certamente profeta, sii tu uccello o demonio! -
- « Sia che il tentatore l'abbia mandato, sia che la tempesta t'abbia gettato qui a riva,
« desolato, ma ancora indomito, su questa deserta terra incantata
« in questa visitata dall'orrore - dimmi, in verità, ti scongiuro -
« Vi è - vi è un balsamo in Galaad? dimmi, dimmi - ti scongiuro. -
Disse il corvo: « Mai più ».
XVI.
- « Profeta! - io dissi - creatura del male! - Certamente profeta, sii tu uccello o demonio!
« Per questo Cielo che s'incurva su di noi - per questo Dio che tutti e due adoriamo -
« dì a quest'anima oppressa dal dolore, se, nel lontano Eden,
« essa abbraccerà una santa fanciulla, che gli angeli chiamano Eleonora,
« abbraccerà una rara e radiosa fanciulla che gli angeli chiamano Eleonora ».
Disse il corvo: « Mai più ».
XVII.
- « Sia questa parola il nostro segno d'addio, uccello o demonio! » - io urlai, balzando in piedi.
« Ritorna nella tempesta e sulla riva avernale della notte!
« Non lasciare nessuna piuma nera come una traccia della menzogna che la tua anima ha profferita!
« Lascia inviolata la mia solitudine! Sgombra il busto sopra la mia porta!
Disse il corvo: « Mai più ».
XVIII.
E il corvo, non svolazzando mai, ancora si posa, ancora è posato
sul pallido busto di Pallade, sovra la porta della mia stanza,
e i suoi occhi sembrano quelli d'un demonio che sogna;
e la luce della lampada, raggiando su di lui, proietta la sua ombra sul pavimento,
e la mia, fuori di quest'ombra, che giace ondeggiando sul pavimento
non si solleverà mai più!

lunedì 16 aprile 2012

suiciderie, appunti.

Secondo Shneidman (1985), la condizione psicologica che più sovente conduce al suicidio è definita da 10 caratteristiche comuni: (1) ricerca di una soluzione a fronte di una situazione insostenibile e drammaticamente angosciosa; (2) bisogno di arrestare il flusso della coscienza a fronte di una sofferenza vissuta come “senza fine”; (3) presenza di una sofferenza vissuta come intollerabile; (4) frustrazione del bisogno di essere ascoltati; (5) vissuto emozionale caratterizzato da assoluta mancanza di aspettative positive per il futuro (hopelessness) e di certezza di non poter ricevere alcun tipo di aiuto (helplessness); (6) atteggiamento di ambivalenza tra desiderio di vivere e morire; (7) restringimento dell’orizzonte cognitivo; (8) azione attraverso la fuga; (9) comunicazione dell’intento suicidario (attraverso lettere, visite al medico); (10) presenza delle suddette caratteristiche cognitive e comportamentali in modo costante di fronte a situazioni di difficoltà.

domenica 15 aprile 2012

buonanotte anche a te Lu ^^

Ecco un'altra canzone che mi piace tanto. Trovata per caso ascoltando la radio dal cellulare, di notte sotto le coperte.

giovedì 12 aprile 2012

la tua libertà finisce dove inizia la mia..

Qualcuno ebbe a dire che la libertà di ognuno finisce dove inizia la libertà dell'altro, posto che di altruità - altro da sé o alterità se volete - possa parlarsi.
Sembra tutto cristallino,basico e fors'anche un po' ingenuo. E invece no.
Bologna, manifestazione dei no tav. Si dirà: e quindi? Già. Si dà il caso che un avvenente borghese incazzato abbia minacciato il vigile urbano di turno d'un esposto alla procura della repubblica per "blocco stradale" (il vigile s'è fatto due risate sotto i baffi, sia chiaro). Non è per caso che questo quadretto inficia il precetto massimale della libertà sopra ricordato? Vediamo se qualcuno arriva alla soluzione (sì, il precetto sopra ricordato è falso globalmente; vero localmente sotto certi vincoli). La soluzione la prossima volta.

ne ferisce più la penna..

Libreria feltrinelli, ravenna. Entro e acquisto tre penne stabilo exam grade al costo di un euro ciascuna. Mi correggo. La cassiera di turno sentenzia: questa di colore nero costa un euro e venti centesimi. Dico io: si tratta della stessa penna, solo il colore è diverso. E ancora la pulzella con tono sì colorato: guardi il codice è diverso. Per forza, suvvia. Volendo ordinare un certo colore i codici sono distinti ma il modello è il medesimo. Nulla da fare. La ragione non alberga in certi individui. Pazienza. Esco dalla libreria con due invece di tre stabilo exam grade.

Io e Lu

La vita mi ha regalato un valore di nome Lucrezia. Contro tutto e tutti, l'amore funziona davvero. Anche se la vita stessa può esser bastarda dentro e rivelarsi un delitto d'autore. Ma se non è dato il tribunale, noi bambini abbiamo il diritto e il colore del castigo fissati anzitempo. Senza tempo come i nostri sogni. E sia.

immaginate

Vi sono musiche che regalano ad ogni verso un senso di serenità interiore, libertà, positività e speranza. La mia particolare visione della vita - ancora infantile - reagisce violentemente contro ogni rappresentazione che ostacoli la compassione e la spontaneità. Ecco perché amo canzoni come questa classica di Lennon. Ogni suo verso esprime un senso di tenerezza e pienezza liberi da ogni conformismo tradizionale. E non si tratta di essere politically correct. Tutt'altro, infine. E neppure d'un improvviso mastro don gesualdo che predichi: se un albero ha la cancrena addosso cosa è infine? Si taglia il ramo. Qui invece l'albero è dato insieme ai suoi rami e a tutto il verde che la primavera può suggerire. Si rinuncia tanto al paradiso quanto all'inferno (imagine there's no heaven - it's easy if you try - no hell below us) senza privilegiare alcun credo religioso ed anzi quel nothing to kill or die for - and no religion too distrugge ogni tradizione invasiva e xenofoba (quante guerre in nome di una divinità bastarda). Vi si afferma che è easy, non è hard to do- difficile a farsi. Contenuti tipicamente infantili e quindi destinati ad essere ignorati da un pubblico adulto. Potrete spremere e lasciar al macero quanto volete queste liriche alla ricerca di qualche viscido odio nascosto o trasudato da una qualche flebile morale condivisibile; il risultato deluderà le attese dell'una o dell'altra teologia; virtù dell'anima comprese. Resta la speranza, ancora una volta per tutti e per nessuno. E sia.

domenica 8 aprile 2012

yet another nice song

E' la seconda volta che Lu indovina una canzone che mi piace davvero. Al massimo entro dieci secondi capisco se una canzone è per me, nello stile come nel contenuto. Normalmente seleziono una canzone ogni circa 500-1000 (impiegando circa 5 sec/canzone). Lettura veloce, ascolto veloce - ma non troppo (5000 sec sono circa 83 minuti di ascolto continuo)
Fantastica la mia *Lu* ti voglio bene..

venerdì 6 aprile 2012

Interpretazioni del contratto

Nel diritto civile sono inseriti alcuni articoli per tentare di regolare l'eventuale interpretazione dei contratti oscuri o ritenuti tali da almeno un contraente.
Vediamone alcuni che ritengo divertenti (e significativi). Gli articoli sono da ritenersi vigenti nell'ordinamento fino a tutto ottobre/2011.

[1368 cod. civ] Pratiche generali interpretative.

"Le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso. Nei contratti in cui una delle due parti è un imprenditore [cfr. 2082 cod. civ.] le clausole ambigue si interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui è la sede dell'impresa."

C'è qui formalmente espresso un criterio di tacito accordo su base tradizionale sebbene sia stato aggiunto l'avverbio "generalmente" per prudenza giuridica o vattelapesca cos'altro.

[1360 cod. civ.] Espressioni con più sensi.

"Le espressioni che possono avere più sensi devono,nel dubbio,essere intese nel senso più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto [cfr. 1364 cod.civ.]"

Che cosa sia più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto naturalmente può essere oggetto di dibattito in sede giudiziale. Punto e a capo.

[1370 cod.civ.] Interpretazioni contro l'autore della clausola.

"Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contranti s'interpretano,nel dubbio,a favore dell'altro"

E menomale. Ma vige sempre l'obbligo di interpretazione secondo buona fede. Esistono ancora contraenti in materia economica che siano davvero in buona fede nell'esecuzione del contratto? Fatemi sapere.

[1371 cod.civ] Regole finali.

"Qualora, nonostante l'applicazione delle norme contenute in questo capo,il contratto rimanga oscuro,esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato,se è a titolo gratuito,e nel senso che realizzi l'equo contemperamento degli interessi delle parti,se è a titolo oneroso"

Si intende in sede giudiziale? O si interpreta senza avvocato e giudice?

Lettura veloce

Lu mi ha passato un sito che raccoglie test psicologici di varia natura (il cui verdetto è da soppesare accuratamente come in tutte le indagini a carattere socio-psico-pedagogico):www.nienteansia.it. Ho sperimentato il test sulla lettura veloce che ha confermato una certa abilità (parzialmente consapevole) nella lettura e comprensione logica di un testo. Ho ottenuto un responso particolarmente positivo. Alla faccia di certe critiche di alcune persone che mi hanno sempre screditato in proposito (senza neppure informarsi sul piano epistemologico). Morale del predicozzo: anche quando siamo relativamente sicuri in merito a questioni personali (siano esse espressione di abilità o funzionalità caratteriali o aspetti psicologici) sentiamo il bisogno di una verifica esterna. Naturalmente perché troppo spesso si accettano opinioni provenienti da persone discutibili che non ci vogliono bene.

lunedì 2 aprile 2012

Termiti

Torno ad aggiornare il blog dopo tanto tempo. Cito un testo introduttivo di antropologia di Vincenzo Matera, antropologia in sette parole chiave.

"[...] L'Homo sapiens è la creatura,unica,che produce senso. Lo fa,come scrive l'antropologo svedese Ulf Hannerz,attraverso l'esperienza,l'interpretazione,la contemplazione,l'immaginazione, e non può vivere senza queste attività (Hannerz,1998). Gli uomini vivono dunque in un mondo (o ambiente) che loro stessi hanno costruito attribuendo ininterrottamente significati alle cose di cui fanno esperienza:per esempio,gli eventi e le esigenze derivanti dalla natura biologica dell'uomo,la nascita,la morte,il bisogno di cibo,la necessità di procreare,la necessità di protezione, sono sì eventi naturali,cioè determinati dal fatto che l'uomo è un organismo animale,che nasce,muore,deve mangiare,dormire ecc., ma sono anche rivestiti di un significato culturale. Per fare ancora un esempio, per noi (italiani,europei,occidentali) le termiti nono sono un cibo,non ci sogneremmo mai di mangiarne a prescindere dal loro apporto calorico (sufficiente a mantenerci in ottima salute) e dal loro sapore (molto apprezzato da altri popoli in altri luoghi), e coloro che se ne cibano ci appaiono come dei disgustosi selvaggi. Perché? Perché l'atto naturale di mangiare (procurarsi l'energia necessaria per tenersi in vita) è rivestito di un significato culturale, il che fa sì che solo alcuni,fra tutti i possibili cibi,siano considerati tali e non altri. Ciò accade per tutti i molteplici aspetti dell'esistenza umana,noti come costanti antropologiche,cioè elementi comuni a tutti gli esseri umani,fatti che assumono significati diversi e problemi che trovano soluzioni diverse nelle differenti epoche storiche e nell'ambito di differenti società. Dunque, mentre tutti gli altri animali sono immersi in una relazione diretta con il loro ambiente,determinata da programmi comportamentali rigidi,tanto che si può parlare per ciascuna specie di un ambiente appropriato al di fuori del quale le possibilità di sopravvivenza della specie stessa sono scarse o nulle,nel caso dell'uomo tutto ciò vale in misura molto più ridotta. A differenza degli altri mammiferi superiori,egli non ha alcun ambiente proprio alla sua specie,viceversa,la relazione dell'uomo col suo ambiente è caratterizzata dall'apertura di fronte al mondo (Gehlen,1983;Berger e Luckmann,1969)"

Devo gustarmi anche io un bel piatto nutriente di termiti. Vi farò sapere.