martedì 25 dicembre 2018

L'alimentazione contadina nell'alto medioevo - prima parte

Analogo a quello del vino è il ruolo alimentare della birra; analoghi i motivi che ne facevano, nell'Europa medievale,una bevanda di larghissima diffusione,consumata in grandi quantità. non però in Italia. Solo nell'Europa continentale essa diventò la 'bevanda dei poveri', come si esprime il Braudel,che sbaglia ritendendola 'presente attraverso tutto il vasto impero di Carlo Magno'. In realtà, le indicazioni del Capitulare de villis relative alla fabbricazione della birra vanno intese come espressione di una cultura alimentare che non è quella mediterranea:di cui,in questo caso almeno,l'Italia del nord mostra di essere parte integrante. Se il monastero svizzero di San Gallo possedeva tutta l'attrezzatura necessaria per la fabbricazione della birra,razionalmente suddivisa in diversi locali,specializzati,ciascuno,nella produzione di un determinato tipo di bevanda,nulla del genere è possibile intravvedere nei monasteri al di qua della alpi. E nelle fonti italiane sono rarissime le menzioni di questa bevanda:ne parla, è vero,la Vita Columbani,specificando che 'viene prodotta dalla fermentazione del frumento o dell'orzo'; ma subito precisando che viene usata 'soprattutto dalle genti che abitano presso l'Oceano, cioè nella Gallia,nella Gran Bretagna,nell'Irlanda,nella Germania, e dalle altre che hanno costumi simili a queste' . Del resto,l'episodio che dà occasione a questo inciso - il miracoloso salvataggio di tutta la birra contenuta in una botte,che il frate celliere aveva dimenticato aperta - non è ambientato in Italia,ma nel cenobio francese di Luxeuil. La birra è chiamata,qui come negli altri testi medievali che ne fanno menzione, cervisa:il termine (con diverse varianti) con cui tale bevanda venne designata fino al XIV-XV secolo,quando cominciò a diffondersi la pratica di aromatizzarla con il luppolo; la coincidenza fra i due fatti non è forse casuale, e il nuovo termine 'birra' fu forse introdotto per esprimere una realtà almeno in parte nuova. Non che mancassero,prima,birre aromatizzate:ma si impiegavano altre erbe,come il timo,la salvia,il ginepro,l'assenzio,la lavanda,e così via,analogamente a quanto si faceva con i vini 'speziati' di cui abbiamo detto [...]. L'alternativa birra-vino distingue dunque l'Europa continentale da quella mediterranea,nel medioevo come,in parte,ancora oggi. Va tuttavia precisato che mentre al sud la birra è tenuta in scarsa considerazione,nel solco di una tradizione che risale all'epoca romana,al nord,al contrario,il vino è assai ricercato,soprattutto dai ceti sociali più elevati,che possono permettersi di comprarlo lontano o di farlo coltivare nei propri possessi. Se, quindi,a livello popolare la birra è la bevanda certamente più consumata,nell'alimentazione dei ceti superiori essa viene affiancata dal vino,che si diffonde al nord anche - l'abbiamo visto - per impulso del cristianesimo. Sembra anzi che gli ecclesiastici nel nord,monaci e canonici,accordassero senz'altro la loro preferenza al vino rispetto alla birra:certo per motivi liturgici,ma anche per il desiderio di gustare una bevanda di 'lusso',diversa da quella più consueta e diffusa,cui in qualche caso si doveva ricorrere per necessità più che per scelta. 'Se accadrà che il vino scarseggi - leggiamo nella regola canonicale di Crodegango vescovo di Metz - ci si accontenti (consolacionem faciant) della birra' . Altre bevande,oltre al vino e alla birra, si ottenevano facendo fermentare frutti di vario genere,soprattutto selvatici:mele (da cui si otteneva il sidro), pere,prugne,e così via. Al succo che se ne traeva veniva dato,genericamente,il nome di sicera:a indicare,spiega Isidoro di Siviglia, 'ogni bevanda che oltre al vino è in grado di dare ebbrezza' [sicera et omnis potio quea extra vinum inebriare potest] . Di siceratores,espressamente addetti alla preparazione delle bevande fermentate,ci parla il Capitulare de villis,specificando che si tratta di 'coloro che sanno fare la birra,sidro,il succo di pere e qualsiasi altra bevanda buona da bere' [siceratores,id est qui cervisam vel pomatium sive piratium vel aliud quodcumque liquamen ad bibendum aptum fuerit facere sciant]. Un'altra bevanda assai diffusa - anche questa,però,come le precedenti,soprattutto nell'Europa continentale - era l'idromele, 'bevanda di miele e acqua calda' rimasta ancora oggi in uso presso i popoli baltici e balcanici. I documenti del tempo - così,ad esempio,il Capitulare de villis - impiegano per designarla il termine medo, e ci informano dell'esistenza di altre bevande analoghe,ottenute anch'esse con il miele, ma miscelato col vino o con la birra anziché con l'acqua:nel primo caso si aveva il vino mulsum,nel secondo ld mellita cervisia. Tutte pratiche sostanzialmente non dissimili da quella del vino 'condito', di cui abbiamo parlato [...]; pratiche, cui forse non era estraneo - oltre,naturalmente,al piacere di gustare sapori nuovi e diversi - anche il desiderio di porre un rimedio alla qualità talora cattiva dei prodotti base:del vino,come della birra, e dell'acqua. Anche l'acqua,infatti,non di rado era di cattiva qualità. Procurarsene di buona era talora difficile,e le ragioni per diffidarne non mancavano:la tecnica dei pozzi era rudimentale,l'acqua spesso inquinata; il pericolo che germi infettivi vi trovassero un agevole mezzo di diffusione era sempre presente. Né la sicurezza era maggiore quando si attingeva l'acqua direttamente dai fiumi o dai ruscelli:come, a quanto pare,preferibilmente si faceva nell'alto medioevo, e si continuò a fare per secoli, anche dopo l'invenzione (tardiva,pienomedievale) dei pozzi artesiani.
Quello della scarsa potabilità dell'acqua è stato fino alle soglie del nostro secolo - soprattutto nelle città,ma anche nelle campagne - uno dei problemi alimentari certamente più gravi e sentiti. E,senza dubbio,tale situazione ha contribuito la sua parte,nel medioevo come nei secoli successivi,ad accrescere a livelli molto alti il consumo del vino e delle altre bevande alcooliche,più sicure dal punto di vista igienico oltre che - ovviamente - più ricche dal punto di vista calorico.

Massimo Montanari, l'alimentazione contadina nell'alto medioevo.pagg. 384-387. Ho omesso le note al testo, necessarie per un riscontro storico.

lunedì 24 dicembre 2018

pensierino

Gue di ritorno da Praga mi ha preso un regalino. Assenzio.
E così l'abbiamo trangugiato. Mancanza di zolletta di zucchero per il rituale.
Pazienza. Zucchero in bustina per sopperire. Residui sul tavolo. E qualcuno ha pensato a qualcosa d'altro. Biricchini, un po' cattivelli. Alla salute loro e di tutti quelli che mi vogliono bene. Si noti il caratteristico cucchiaio forato.






nebbia e campi

Quello che avreste visto ieri aprendo la finestra della mia camera.
Pascoli e una fiasca di vino rosso, l'immagine residua. E sia.



It's life

Oggi primo giorno di vacanza. Ho bisogno di una vacanza. Volevo andare all'estero però i voli costano troppo. Avrei dovuto prenotare prima. Pazienza. Mi manca visitare il sud. Sono stato in Puglia, a dire il vero, a Triggiano, un piccolo paese in provincia di Bari. Ho fatto visita ad un amico conosciuto attravero la rete. Aveva all'epoca sedici anni e parlavamo un sacco al telefono (quello fisso). Mi mancano altre grandi e piccole città meridionali. Tutta la Puglia,La campania,la Sicilia e la Sardegna. Ma anche il centro italia. Ovunque si possa andare, magari ospite di qualcuno volenteroso. Ma già avrei un sacco di colleghi meridionali ben disposti. Devo conoscere nuove persone. Troppi amici ho perduto. Sono morti prematuramente o addirittura suicidi. Devo rigenerarmi, come dissi anni fa a Lucrezia. Vorrei parlare con Antonia Pozzi. O Rimbaud. O Renato Caccioppoli. Ma perché sono così lontani?

Lieve offerta
Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera
come le estreme foglie
dei pioppi, che s'accendono di sole
in cima ai tronchi fasciati
di nebbia –
Vorrei condurti con le mie parole
per un deserto viale, segnato
d'esili ombre –
fino a una valle d'erboso silenzio,
al lago –
ove tinnisce per un fiato d'aria
il canneto
e le libellule si trastullano
con l'acqua non profonda –
Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera,
che la mia poesia ti fosse un ponte,
sottile e saldo,
bianco –
sulle oscure voragini
della terra.
5 dicembre 1934

giovedì 20 dicembre 2018

Io e la grande britannia. Parte terza.

Ancora, per non dimenticare. E sia.




























Il fantastico mondo di paul

Chi se lo ricorda? Disegni fatti e colorati a mano. Mondi sempre diversi,caratteristici e coloratissimi.
Per tutti quelli che sanno sognare ad occhi aperti.


Su youtube trovate molti altri episodi.

lunedì 17 dicembre 2018

Chi mi renderà il perduto senno?


Avevo già parlato in passato della storia di Orlando. Se dovessi impazzire, chi mi renderà il perduto senno? Tommy? Simo? Elettra? Carlotta? Se fossi fuoco? 
O Sinforosa,Gue,George,Monica,Lucrezia?  Chi mai?
"Or giungo a un rivo che par di cristallo / qui pongo fine alla fatica mia. Ma or che mi volgo intorno / vedo scritti molti arboscelli [...]
Quante letter son / tanti son chiodi / con che per gli occhi il mio cuore mi fiedo"

E ancora:
"Qui, fra gli spessi rami / nella buca / entro / senza chiamar chi m'introduca.
Or mirate compagni / augel nuovo / a cui non tesi / e nella rete il truovo [...]
In mezzo alla spelonca / appresso a un fuoco / vedo una donna / dal gentile viso /
quindici anni deve passare di poco / quant'io almeno al primo sguardo aviso / e mi par sì bella che fa tal loco / selvatico / parere il paradiso / benché abbia gli occhi di lacrime pregne / del cor dolente manifesti i segni [...]
O donne! Io vi domando: chi è mai tanto scortese,ingiusto,barbaro et atroce, che in questa grotta qui tenga sepolto / un sì gentile ed amoroso volto? [...]
Venite quaggiù nella spelonca! ah! Armati! Chi di spiedo / chi di ronca! [...]
Ah! Bel cavaliere! Uomo non vidi mai più comodo di te; né più opportuno / che sì bell'arme io desiava assai / e questo tuo leggiadro abito bruno / venuto a tempo veramente sei / per soddisfare a gli bisogni miei!
In cambio di quest'arme o mascalzone! / Io il dono ti farò / di uno stizzone!
Ah! il petto! / il ventre! /  anche la testa! / taglia le gambe / anche la braccia / di chi altri muore / o di chi storpiato resta"

E tanto altro nelle due puntate.
L'Orlando furioso è parte della mia vita, con aggiustamenti di nomi e luoghi puri, per quella via che è mia senza destino.
E a proposito di spelonche, ecco: ne trovai una, col pensiero e la presenza di chi puoi amare senza ritegno; Ed ora giace, lassù. E il solo capace di ricordarmela è considerato folle di trama e di vita. Ariosto riderebbe, forse; ch'abbia ad essere opportuno raccontarlo ancora? E sia.

sabato 15 dicembre 2018

Chi erano i greci?

Per caso ho trovato una copia del testo di Moses Finley, gli antichi greci - edizione quinta Einaudi anno 1968 - a prezzo stracciato, sei euro.
Un testo relativamente interessante, essenzialmente avente un apparato di minchiosa retorica ridotto rispetto ad altri testi ben più corposi (e costosi).
Nel testo cartine e fotografie in bianco e nero completano la lettura.
Il testo originale è del 1963.
Propongo qui il primo capitolo.

"Popolazioni di lingua greca provenienti dal nord immigrarono per la prima volta nella penisola greca all'inizio del II millennio a.c., quasi certamente prima del 1900 a.c. Qualunque fosse in quel momento il livello della loro cultura,esse contribuirono in ultimo a creare quella civiltà del bronzo del periodo 1400-1200 a.c., tecnicamente evoluta, che noi chiamiamo micenea e che aveva i suoi centri principali nel Peloponneso (la parte meridionale della Grecia continentale) in luoghi come Micene,Argo e Pilo. La recente decifrazione della loro scrittura sillabica - la cosiddetta lineare B - ha dimostrato che,almeno nei palazzi,la lingua era una forma primitiva di greco. E' stata una scoperta sorprendente, di cui tuttavia è facile esagerare le implicazioni. Nell'età della pietra e del bronzo,prima che entrassero in scena i Greci, i Balcani meridionali avevano avuto una lungo storia. Nulla è noto di ciò che accadde all'arrivo dei nuovi venuti, a parte le testimonianze dei resti materiali,che non rivelano alcuna fioritura d'innovazioni attribuibili agli immigrati. Al contrario,dovevano passare parecchi secoli ancora prima che si delineasse il brillante periodo miceneo,ed è impossibile distinguere nella sua genesi il contributo 'greco' da quello 'pregreco',proprio come è inutile cercare di discernere gli elementi etnici nella strirpe biologicamente mista che formava ora la popolazione. Non c'era correlazione diretta fra razza,lingua e cultura, così come non c'è stata in altre epoche o in altre sedi storiche. La civiltà micenea ebbe una fine piuttosto repentina verso il 1200 a.c., fine che secondo la maggioranza degli storici fu dovuta a una nuova immigrazione greca,quella dei Dori. I quattrocento anni che seguirono furono una 'età oscura' : oscura per noi,che ne sappiamo (e possiamo saperne) pochissimo. Viene fatto quindi di considerarla 'oscura' allo stesso modo che è invalso l'uso di definire  oscuri i secoli del medioevo: l'arte della scrittura scomparve,i centri di potenza perirono,si combatterono molte piccole guerre,tribù e gruppi minori si spostarono all'interno della Grecia o emigrarono oltre il mare Egeo in Asia minore: nel complesso le condizioni materiali e culturali decaddero notevolmente in confronto a quelle della civiltà micenea. Eppure,nonostante tutto ciò,non si può parlare solo di decadenza e di declino, perché proprio in questa età oscura,attraverso un processo che possiamo solo intravvedere vagamente nei ritrovamenti archeologici e nei miti narrati dai Greci più tardi, avvenne una grande rivoluzione tecnologica - l'avvento del ferro - e nacque la società greca. Il vecchio mondo miceneo,nonostante la lingua greca dei palazzi,era strettamente affine ai contemporanei stati orientali della Siria settentrionale e della Mesopotamia,fortemente centralizzati e burocratici. Il nuovo mondo, il mondo greco storico, era (e rimase) affatto diverso dal punto di vista economico,politico e culturale. C'erano elementi di continuità,s'intende,ma essi erano frammenti inseriti in un contesto nuovo e irriconoscibile. Furono conservate le pratiche e le conoscenze tecniche fondamentali dell'agricoltura,della ceramica e della metallurgia, e la lingua greca sopravvisse a questa trasformazione sociale,così come è sopravvissuta fino ad oggi a tutti i mutamenti successivi. Nella loro lingua i Greci non chiamarono mai se stessi 'Greci' (la parola deriva dal nome,Graeci,che davano loro i Romani). In età micenea,a quanto sembra,erano conosciuti come Achei (come risulta da documenti ittiti contemporanei),uno dei vari nomi che essi portano ancora nei poemi omerici,le più antiche opere letterarie greche sopravvissute. Nel corso dell'età oscura, o forse proprio alla fine di essa,il termine 'Elleni' sostituì definitivamente tutti gli altri, e 'Ellade' (Hellas) diventò il nome collettivo per i Greci nel loro insieme. Oggi Hellas è il nome di uno stato, come Francia o Italia; ma nell'antichità non c'era niente di simile,niente che gli Elleni potessero designare come 'il nostro paese'. Per loro l'Ellade era essenzialmente un'astrazione, come la 'cristianità' nel medioevo o 'il mondo arabo' ai giorni nostri, perché gli antichi Greci non ebbero mai unità politica o territoriale. Alla fine l'Ellade si estese su un'area enorme,comprendente il litorale del mar Nero ad est, le zone costiere dell'Asia minore,le isole dell'Egeo,la Grecia propria,l'Italia meridionale e la maggiora parte della Sicilia,e continuando ad ovest su entrambe le sponde del Mediterraneo fino a Cirene in Libia e fino a Marsiglia e ad alcune località costiere della Spagna. L'area può essere immaginata come una grande ellisse molto schiacciata,perché la civiltà greca crebbe e fiorì sul bordo del mare,non nell'entroterra. Si può indicare la posizione dei grandi centri,uno per uno,senza allontanarsi più di venti o venticinque miglia dalla costa. Tutto ciò che si trovava oltre questa fascia sottile era periferico,era terra da cui ricavare cibo,metalli e schiavi,destinata ad essere saccheggiata, a ricevere manufatti greci,ma non ad essere abitata da Greci se era possibile evitarlo. Tutti questi Greci sparsi a grandi distanze erano coscienti di appartenere a una sola cultura: 'la nostra comunanza di stirpe e di lingua,i nostri comuni templi degli dèi e i nostri riti,i nostri costumi affini' come scriveva Erodoto (VII,144). In realtà nella penisola greca e nelle isole dell'Egeo il mondo che essi abitavano era diventato interamente greco,fatta eccezione per gli schiavi stranieri, i forestieri di passaggio e qualche occasionale curiosità etnica come gli aborigeni dell'isola di Samotracia. Altrove le comunità greche coesistevano con altri popoli e ne erano circondate. Dove gli aborigeni erano più primitivi - come gl Sciti nella Russia meridionale o i Traci nell'Egeo settentrionale o i Siculi e Sicani in Sicilia - i Greci tendevano a imporre loro una dominazione economica e culturale e spesso anche politica. Quando invece si stabilivano nel territorio di un popolo progredito e ben organizzato,specialmente nell'impero persiano,essi dovevano accettarne la sovranità. Ma anche allora riuscivano a conservare una notevole autonomia,conducendo un modo di vita completamente grecoe conservando la loro autocoscienza ellenica. Civiltà comunque non significò mai,naturalmente,identità assoluta. C'erano differenze nel dialetto,nell'organizzazione politica,nelle pratiche del culto,spesso nelle idee e nei valori morali,differenze che erano più forti nelle aree periferiche ma non mancavano affatto neppure al centro. Tuttavia le differenze apparivano irrilevanti ai loro stessi occhi, se commisurate agli elementi comuni di cui essi erano ben coscienti. La lingua,per esempio,poteve avere differenze dialettali,ma un greco di qualunque luogo si faceva capire dovunque anche meglio d'un napoletano o siciliano incolto di oggi che si trovi a Venezia. Essi usavano tutti lo stesso alfabeto,adattato verso l'800 a.c. da una precedente invenzione fenicia,un sistema in cui i segni non rappresentavano le sillabe ma i suoni semplici della lingua,una scrittura completamente diversa dalla lineare B e uno strumento di scrittura molto superiore. E definivano chiunque altro,chiunque non parlasse il greco come lingua materna,con l'unico termine di 'barbaro' :un uomo dal linguaggio incomprensibile,che sonava come un 'bar-bar-bar'. I barbari non erano soltanto incomprensibil; molti Greci arrivarono a pensare che fossero inferiori per natura:tanto i civilissimi Egiziani e Persiani quanto gli Sciti e i Traci"

venerdì 7 dicembre 2018

sprezzature prezzoliniane (dalla quinta parte del documentario inchiesta nascita di una dittatura, a cura di Sergio Zavoli - 1973)


Profetico Giuseppe Prezzolini a 10:13: "Questa qui è una domanda che mi fa un po' sorridere; mi ricorda quelle compagnie drammatiche italiane dove c'era un grande attore e una serie di cani intorno. E la difficoltà massima degli italiani è di lavorare in equipe, lavorare in compagnia. Quello che ho visto viceversa in america,in inghilterra, in altri paesi. E la più grande disgrazia dell'Italia è quella che gli italiani non sanno lavorare insieme, cioè a dire non sanno obbedire,non rispettano i loro capi,scherzano su tutto,credono tutti di essere capaci come il capo,questo è stato..quindi Mussolini si è dovuto circondare tante volte di persone di poco valore: di poco valore morale,di poco valore intellettuale. E questo anche l'ha fatto probabilmente perché aveva ragione di ritenere che appena uno emergesse gli avrebbe tolto il posto..un fenomeno anche questo molto italiano. "

Praticamente quello che succede oggi con i molti imitatori fascisti disseminati in giro per questo povero paese. Per non parlare poi degli stalinisti,neo nazisti,fanatici religiosi,violenti inclassificabili. Come è stato possibile tutto questo? La fine della guerra non ha apportato un cambio di mentalità. Le macerie non hanno insegnato granché. Spunti di riflessione per una discussione in classe. Ma a chi potrebbe interessare? La nuova dittatura è l'imbecillità unità all'ignoranza post moderna. Con o senza tecnologia, italiani schiavi. E niente libertà di stampa, ove la stampa sia in mano a grandi gruppi economici o politici. Restano i blog e i pertugi ululanti imprecazioni utopiche. Quando non blaterazioni impertinenti. E l'accosto fortuito che s'apprende. E sia.

si fossi foco arderei lo mondo

Dedicata a lei. E a tutti quelli che amano De André.
E tutte le miniature medievali contenute negli erbari e nei bestiari. Quale trip.


luci luminarie ferraresi

Metto qui alcune foto delle luminarie natalizie ferraresi.
Non proprio a fuoco, direi. 





foglie cittadine

Ferrara, primo pomeriggio. Foglie coloratissime su fondo urbano. Post moderno artistico.


mercoledì 5 dicembre 2018

in memory of Katelyn Nicole Davies



Nicole aveva dodici anni quando si è suicidata impiccandosi ad un albero nel cortile della propria casa. Avevo pensato di segnalare il video del suicidio, ma poi ho deciso di evitare. E ho messo questo. Per chi non capisse l'inglese esistono i sottotitoli. Avevo pensato questo prossimo settembre di saltare un anno di scuola e partire per gli stati uniti per un viaggio introspettivo, fino al piccolo cimitero dove Nicole è sepolta. E' stata lasciata sola. Le "medication" ovvero i farmaci, non sono serviti. Ovviamente un farmaco antidepressivo non può essere sufficiente. Una psicoterapia non può essere efficace se poi la vita fuori non ha senso, intelligenza emotiva, apertura. E non dico speranza. Il post moderno neoliberista non ha alcuna speranza. Solo produci,consuma e muori. E per chi è nato con una spiccata empatia che amplifica ragione ed intelligenza emotiva, può non avere scampo se non ha sufficiente forza di carattere. E pure in Italia troppi studenti decidono di togliersi la vita senza un perché. Ed è pur vero che se esiste il suicidio deliberato non può esservi un fato cieco capace di legarci ad una tela indecifrabile ed indicibile.


A life that touches others goes on forever. True,indeed.