mercoledì 23 gennaio 2019

EVA ed io, la vita e tutto quanto il predurante resto



EVA, film spagnolo del 2011. L'ho guardato e lo riguardo ancora. Soprattutto il finale attraverso il quale mi identifico con l'infanzia distrutta dal nonsenso degenerativo dei grandi.
La storia del film è semplice. In un futuro non troppo lontano gli uomini convivono con macchine intelligenti capaci di svolgere funzioni complesse.
 I protagonisti sono due neuroscienziati cibernetici e progettisti-analisti programmatori. Due colossi informatici decidono di progettare il primo bambino androide intelligente. Il primo prototipo funzionale è una bambina, ma non supera i protocolli di sicurezza (inerenti l'intelligenza emotiva). I due progettisti stavano insieme, poi separati - lavorano per imprese tra loro concorrenti. La bambina inizialmente non viene distrutta, ma diviene la figlia di uno dei progettisti (la donna; piccolo invito al femminismo?) mentre il progetto relativo al bambino androide attende il software per il controllo emozionale che il protagonista maschile dovrà scrivere. Un incidente - metafora dell'incomprensione tra infanzia e mondo degli adulti?- degenererà nel triste finale. Di una cruenta,insensata,tragica degenerazione - un conflitto illogico - si tratta, invero.
E mi torna in mente un pomeriggio in biblioteca. Lettura di favole per bambini. Madri e figli. Nessun padre, naturalmente. Avrà avuto il suo quotidiano espletamento della quieta disperazione. Così ho iniziato a interrogare i bambini. Ho chiesto della scuola, della vita, dei sogni. C'era una madre, la figlia e altri due bambini. Ma mentre i bambini mostravano attenzione in merito alle possibilità che il mondo vissuto negava loro - la madre semplicemente non aveva interesse per una precipua narrazione - la madre non capiva. Italiano stentato il suo. Volete voi imparare a leggere rapidamente? La risposta è scontata. E subito il loro invito chiaro e piano: quando iniziamo? Quando tornerai?
Ecco, io vorrei poter comunicare così anche con i miei coetanei. Io vorrei che i dichiaranti la propria umanità matura fossero almeno consapevoli della propria indulgenza verso l'idiozia, la demenza ricorrente. L'inganno individualista.
Alle elementari studiavo anatomia su un testo universitario. Poi la matematica,la programmazione,la lettura,la scrittura. Volevo una trattazione rigorosa della grammatica. Avrei in seguito appreso che tale trattazione porta il nome di grammatica generativa. Frequento le biblioteche dall'età di undici anni. In prima media ho costruito una semantica per una lingua artificiale. Detestavo il mio docente di francese. Ma ero solo. Troppi insegnanti mediocri. Il mio amico ingegnere edile non dimentica d'ammonirmi in merito: i bambini ti fanno male. Perché poi quando crescono, mutano sensibilmente. Sono cresciuto ed accresciuta è la mia intelligenza,la mia esperienza. Forte empatia. Intelligenza emotiva. Dono o refuso genetico? Il flusso esperienziale sempre nutrito della medesima curiosità. Forse qualcosa è andato storto. Vivere così consuma troppa energia. E mi torna la voglia di resettare la vita come si resetta un cellulare. Sembra fin troppo semplice. Soluzioni? E sia.


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