domenica 29 aprile 2012

transfert in ambito psicoanalitico - 1

Estratto significativo sul concetto di transfert nell'ambito psicoanalitico (www.centrostudiariosto.it/documenti/93.pdf)

"[...] Può essere utile concludere questo capitolo riassumendo e commentando i vari significati con cui viene usato il termine “transfert”:
1. per includere quella che abbiamo descritto come alleanza terapeutica;
2. per indicare l’emergere di sentimenti e comportamenti infantili sotto una nuova forma,essenzialmente una ripetizione mascherata del passato, ora rivolti verso l’analista, seguendo la descrizione di Freud;
3. per includere “il transfert di difesa” e le “esternalizzazioni” delle istanze psichiche descritti da Anna Freud;
4. per comprendere tutti i pensieri, gli atteggiamenti, le fantasie e le emozioni “inappropriati” che sono reviviscenze del passato e che il paziente può dispiegare (che ne sia conscio o meno) nei confronti dell’analista; ciò comprenderebbe cose come le iniziali ansie “irrazionali” del paziente circa il
dover andare in terapia e particolari atteggiamenti verso le persone che sono caratteristiche della sua personalità, e che si mostrano anche nei confronti dell’analista;
5. per riferirsi all’esternalizzazione di relazioni oggettuali interne attuali, che influenzano di conseguenza la percezione che il paziente ha dell’analista. Ciò comprende la varietà di meccanismi inclusi sotto la voce “identificazione proiettiva”;
6. per comprendere tutti gli aspetti della relazione del paziente con l’analista: questo modo di vedere il transfert considera tutti gli aspetti del coinvolgimento del paziente con l’analista come una ripetizione delle relazioni passate (solitamente le più precoci); in effetti, ogni comunicazione o
espressione verbale o non verbale del paziente durante l’analisi può essere considerata transfert; gli analisti che hanno questa concezione del transfert ritengono che tutte le associazioni del paziente si riferiscono a qualche pensiero o sentimento sull’analista.



L’ uso così allargato del concetto, per cui ogni comunicazione e ogni comportamento all’interno del setting psicoanalitico viene considerato come transfert, toglie ogni valore al concetto quando lo si voglia estendere al di fuori del trattamento psicoanalitico, perché ne conseguirebbe che ogni comportamento e ogni relazione possono essere descritti come transfert e considerarsi quindi come una ripetizione delle relazioni passate. Se è vero che certi aspetti delle reazioni passate e anche delle esperienze infantili tenderanno a ripetersi nel presente in ogni sorta di situazione e relazione, e che la realtà presente tenderà sempre ad essere percepita in una certa misura nei termini
del passato, ci sono anche dei fattori che si oppongono a questa distorsione. Per esempio, nei normali rapporti umani, la persona verso la quale è diretto il transfert spesso agisce in modo da correggere la percezione transferale distorta che si è creata: essa può acconsentire o meno ad assumere il ruolo transferale che le è stato imposto. Invece, sembra probabile che la relativa mancanza di possibilità di “testare” la realtà nella situazione di terapia psicoanalitica
permetta alle distorsioni transferali di svilupparsi rapidamente e di essere riconosciute molto chiaramente. L’analista, da un lato, offre una possibilità di sviluppo alle distorsioni transferali, evitando un feedback di realtà che corregga l’errata percezione del paziente e, dall’altro, non accetta il ruolo in cui tende a costringerlo il transfert del paziente, consentendo così l’esame dei fattori
irrazionali che hanno determinato il transfert. Sulla base di un esame del materiale psicoanalitico infantile, Sandler e al.(1969) rifiutano la
nozione che tutto il materiale del paziente possa essere considerato transfert e sottolineano, invece, che proprio il concetto di transfert come fenomeno unitario o “unidimensionale” può impedire la comprensione di ciò che sta accadendo nella relazione tra il paziente e il suo analista. Essi suggeriscono che l’analista non dovrebbe pensare esclusivamente a distinguere ciò che è transfert
da ciò che non lo è, ma dovrebbe piuttosto capire i diversi aspetti della relazione man mano che essi appaiono nell’ analisi, in particolare quelli diretti verso la persona dell’analista. Si sostiene cioè che per capire il concetto clinico di transfert bisogna studiare le relazioni in generale. Il transfert è una manifestazione clinica particolare delle diverse componenti delle normali relazioni. Gli autori sottolineano che il particolare carattere della situazione psicoanalitica può facilitare la comparsa di particolari aspetti delle relazioni, soprattutto aspetti di relazioni passate, ma anche che è della
massima importanza operare delle distinzioni all’interno di questi vari elementi, anziché considerare tutti gli aspetti della relazione paziente-analista come una ripetizione di relazioni passate con figure significative.
Sembra dunque importante fare una distinzione tra la tendenza generale a ripetere nel presente rapporti passati (per es. come si può osservare in persistenti tratti di carattere quali il “bisogno di attenzione”, l’”atteggiamento provocatorio”, l’”intolleranza verso l’autorità” eccetera) e
un processo caratterizzato dallo sviluppo di sentimenti e atteggiamenti diretti verso un’altra persona (o un’istituzione) che rappresenta il concentrato di atteggiamenti o sentimenti, inappropriati per il presente, e diretti in modo del tutto specifico verso l’altra persona o l’istituzione. In questa prospettiva, le angoscie che il paziente può provare nell’iniziare il trattamento non debbono
necessariamente essere considerate come transfert, pur potendo essere una ripetizione di qualche importante esperienza precedente. D’altro canto, un paziente che è stato in trattamento per un certo periodo di tempo può sviluppare sentimenti di paura all’idea di continuarlo – paura che ora è ritenuta o sentita dal paziente come una funzione delle specifiche caratteristiche del terapeuta, anche se la realtà può fornire ben scarso fondamento per queste sue convinzioni e sentimenti di transfert. In questo senso, il transfert può essere considerato come un’illusione specifica che si sviluppa nei riguardi dell’altra persona e che, all’insaputa del soggetto, rappresenta, in certi suoi aspetti, una ripetizione di un rapporto verso un’importante figura del passato o un’esternalizzazione di una
relazione oggettuale interna. Va sottolineato che il paziente sperimenta tutto ciò come se fosse strettamente appropriato alla situazione presente e alla persona in questione. Schafer (1977) ha fatto un interessante commento sulla relazione tra passato e presente nel transfert: "I fenomeni transferali che alla fine costituiscono la nevrosi di transferi devono essere considerati regressivi
solo per alcuni aspetti. E’ così perché, visti come conquiste dell’analisi, non sono mai esistiti prima in quanto tali; piuttosto,costituiscono una creazione ottenuta attraverso una nuova relazione iniziata per un disegno conscio e razionale....Sembra più appropriato o equilibrato considerare i fenomeni transferali come aventi un significato multidirezionale piuttosto che vederli come fenomeni semplicemente regressivi o ripetitivi. Ciò significherebbe guardarli in modo analogo al modo in cui guardiamo opere d’arte creative.
Vedremmo che i transfert creano il passato nel presente, in un particolare modo analitico e in condizioni favorevoli. In sostanza, essi rappresentano un progresso, non un regresso."
Va aggiunto che il transfert non deve essere per forza limitato alla percezione illusoria di un’altra persona, ma comprende i tentativi inconsci (e spesso sottili) di manipolare o provocare delle situazioni relazionali con altre persone che sono ripetizioni mascherate di precedenti
esperienze e relazioni, o l’esternalizzazione di una relazione oggettuale interna. E’ stato sottolineato prima che quando queste manipolazioni o provocazioni transferali avvengono nella vita comune, la persona verso la quale sono dirette può mostrare di non accettare il ruolo o, se è predisposta in quel senso, di fatto accettarlo e comportarsi di conseguenza. E’ probabile che accettare o rifiutare un ruolo non dipenda dalla consapevolezza conscia di ciò che accade, ma, piuttosto, da indizi inconsci.Gli elementi transferali fanno parte in varia misura di ogni relazione, e questa (per es. la scelta del coniuge o del datore di lavoro) è spesso determinata da alcune caratteristiche dell’altra persona, che
presenta qualche attributo di un’importante figura del passato.E’ utile differenziare gli elementi transferali da quelli non transferali, anziché etichettare
tutti gli elementi della relazione (che nascono dal paziente) come transfert. Ciò può portare ad una maggiore precisione nel definire gli elementi clinicamente importanti in tutta una serie di situazioni,
aiutando meglio ad elucidare i rispettivi ruoli giocati dai molti fattori che entrano a far parte dell’interazione tra paziente e terapeuta."

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